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Il Mondialino del Brasile© AFPS

Il Mondialino del Brasile

Per la quarta volta nella sua storia la nazionale verdeoro ha conquistato il torneo iridato Under 17 e come al solito ci si chiede quale sia in prospettiva il valore reale di questa competizione. La storia dice che è modesto...

Stefano Olivari

18.11.2019 ( Aggiornata il 18.11.2019 12:43 )

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Il Brasile ha per la quarta volta nella sua storia, la prima davanti al suo pubblico, vinto il Mondiale di calcio Under 17, battendo 2-1 il Messico in una finale emozionantissima, raddrizzata a 6 minuti dalla fine grazie al VAR che ha portato al rigore di Kaio Jorge e risolta da Lazaro nel recupero. L’Italia di Nunziata, che priva della sua stella Esposito rimasta a disposizione dell’Inter (ma anche dell’Under 19) è stata eliminata proprio dal Brasile nei quarti, può dire di avere fatto il suo anche se sono sempre considerazioni amare. La domanda è comunque sempre la stessa: quanto valgono i risultati delle competizioni giovanili, a maggior ragione di quelle per classi di età in cui quasi nessuno è ancora diventato un professionista?

Prendiamo il primo Brasile campione Under 17, quello che vinse nel 1997 in Egitto. Quella squadra al calcio che conta avrebbe dato un campione come Ronaldinho, un buon giocatore come Matuzalem e poi quasi soltanto mezze figure. Facile ricordare, pensando soltanto a gente che poi sarebbe andata ad un Mondiale vero, che per quel torneo non vennero nemmeno convocati Luis Fabiano e Cicinho (classe 1980), e buona parte dalla clamorosa classe 1981: Maicon, Maxwell, Luisao, Julio Baptista, Heurelho Gomes ed Elano.

Due anni dopo la nazionale brasiliana, sempre allenata da Carlos Cesar Ramos, conquistò il titolo in Nuova Zelanda avendo come stella Adriano, proprio il futuro interista, e come portiere Rubinho, ma poi davvero poco altro. A quel giro rimase a casa addirittura Kakà (classe 1982), oltre a Dani Alves, Felipe Melo, Fred, Dante, Jefferson, Victor e Michel Bastos (tutti del 1983).

Terzo titolo nel 2003 in Finlandia, con allenatore Marcos Paquetà, e anche qui pochi futuri giocatori di primo piano: il futuro laziale Ederson e il futuro interista Jonathan, per dirne due. Fuori dai giochi Hulk ed Henrique (classe 1986), ma anche Luiz Gustavo, David Luiz, Ramires e Jo (1987).

Insomma, nessuno mette in dubbio che il Brasile sia la più grande scuola calcistica del mondo, se parliamo di produzione di giocatori. E nemmeno che i selezionatori siano più competenti di chi parla con il senno di poi. Il dubbio è quello sul valore relativo delle competizioni giovanili a questa età in cui il fisico è ancora in formazione e in cui è impossibile tenere sotto osservazione tutti. La certezza è che questi Mondialini servano soprattutto alla FIFA per motivi geopolitici, per dare in chiave elettorale un contentino a nazioni fuori dai grandi giri, non tanto come organizzazione (il Brasile solo 5 anni fa ha ospitato il Mondiale vero) quanto come piazzamenti.

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