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Un Barcellona uguale e diverso© AFPS

Un Barcellona uguale e diverso

L'ottava Liga vinta sulle ultime undici impone di fare il punto sulla squadra di Messi e su come è cambiata rispetto a quando è entrata nell'immaginario collettivo...

Stefano Olivari

30.04.2019 ( Aggiornata il 30.04.2019 14:59 )

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Il Barcellona ha festeggiato l’ottava Liga vinta nelle ultime undici stagioni e la notizia è stata accolta quasi con indifferenza in un’Europa in cui anche i campionati dei paesi trainanti sono quasi monopolizzati: Germania-Bayern Monaco, Francia-PSG, ovviamente Italia-Juventus. Fa eccezione la Premier League: se dovesse vincere il Liverpool saremmo a cinque vincitori diversi nelle ultime sette stagioni, se prevarrà il Manchester City rimarremmo ad un comunque rispettabile quattro. Ma tornando al Barcellona, bisogna chiedersi in cosa il successo di Messi e compagni sia stato diverso dai precedenti.

Prima di tutto la squadra di Valverde si è confrontata con il peggior Real Madrid del decennio, che ha iniziato la stagione con la storiaccia di Lopetegui strappato alla nazionale alla vigilia del Mondiale, poi cedendo Cristiano Ronaldo alla Juventus e l’ha proseguita sperando che campioni ormai logori, reduci da quattro Champions League vinte in cinque stagioni, trovassero nuove motivazioni in una stagione quasi dichiaratamente di transizione, con Solari bruciato e Zidane richiamato. Certo i numeri dicono che la rivale è stata l’Atletico di Simeone, ma in ogni caso mai il Barcellona è stato davvero nel mirino di chi inseguiva.

In secondo luogo il Barcellona 2018-19 ha finalmente mostrato giocatori in grado di far parte di una squadra al top anche in futuro. No, non ci riferiamo alla mitica cantera. Che anche quest’anno ha proposto pochissimo: un minimo di spazio per Alena, che in mezzo al campo non è esattamente sembrato Xavi, poi il nulla. L’Ajax rimane su un altro pianeta, infatti al Barcellona De Jong costerà 75 milioni di euro. Fra gli emergenti non canterani menzione d’onore per Lenglet, che di fatto ha tolto la maglia titolare al connazionale Umtiti, e per il brasiliano Arthur che ha almeno nei sogni ricordato Iniesta: non due scoperte fatte guardando giocare ragazzini in spiaggia, ma due giocatori già formati, pagati a peso d’oro a Siviglia e Gremio.

Il terzo aspetto notevole del Barcellona di questa stagione è stato che molti relativi ‘vecchi’ hanno disputato la loro miglior stagione blaugrana: Ter Stegen, Jordi Alba, Piqué e Rakitic sono stati secondo noi vicini al loro top, mentre un leggero declino ha toccato Sergi Roberto e Suarez (al di là delle ottime statistiche) e uno meno leggero Busquets. Messi ci sembra sempre il miglior Messi, quindi è ingiudicabile, certo è che si tratta di un fenomeno anche di continuità e che il ‘Non ha mai vinto un Mondiale’ sia oggi ridicolo, pensando al peso specifico di un Mondiale oggi confrontato con i Mondiali di qualche decina di anni fa.

Certo è che il Barcellona ha tantissimo talento anche nelle seconde linee, come provato dalla discreta stagione di Dembelé, da quella appena sufficiente di Coutinho, dalla solidità di Vidal e Semedo e soprattutto, in prospettiva, dai lampi di Malcom. Significativi anche i nomi degli scomparsi, da Rafinha a Boateng, da Murillo a Vermaelen, per una squadra che in patria potrà vincere ancora a lungo e che sembra matura per una nuova Champions dopo l’ultima vinta nel 2015. Una squadra che nel corso del decennio ha cambiato pelle, passando gradualmente dal 70% di possesso palla dell'era Guardiola al 61 attuale, senza contare i discorsi sulla catalanità, ma sempre con Messi a dare il tocco del fuoriclasse a un contesto già ottimo di suo. 

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