Giornale di critica e di politica sportiva fondato nel 1912

Il capolavoro del Corinthians

Il capolavoro del Corinthians

Dai diciotto gol di Jô, capocannoniere del campionato brasiliano, al 4-2-3-1 del tecnico Fabio Carille, origini calabresi e una passione per gli schemi di Sarri: il club di San Paolo festeggia il settimo titolo della sua storia

Stefano Chioffi

19.11.2017 15:14

  • Link copiato

Aveva un nonno calabrese, emigrato in Brasile da Gioia Tauro. Prima di studiare schemi e tattica, si guadagnava lo stipendio in un’azienda che si occupa della lavorazione dello zucchero. Ha cambiato tanti mestieri, Fabio Carille, ex terzino sinistro, classe 1973, un corso per tornitore in gioventù: adesso è l’allenatore di un Corinthians che ha conquistato da poche ore il suo settimo titolo nazionale, il terzo negli ultimi sei anni. Una tradizione di origine italiana che prosegue in panchina dopo Adenor Leonardo Bacchi, che tutti chiamano Tite, ora ct del Brasile, una laurea in scienze motorie e radici mantovane.

L’altra sera, in una delle poltroncine dell’Arena, a San Paolo, in occasione del 3-1 contro il Fluminense e della festa con i fuochi d’artificio, c’era anche Ronaldo, che ha chiuso nel 2011 la sua carriera proprio con la maglia del “Timão”, che nei suoi settantadue anni di storia ha applaudito tante stelle: da Gilmar a Zé Maria, da Rivelino a Socrates, da Biro-Biro a Baltazar, da Vaguinho a Tevez. E’ il club più amato in Brasile, in base ai sondaggi più recenti: una stima di quasi venti milioni di tifosi, come il Flamengo, che ha vissuto il suo periodo più bello nel 1981 (campionato nazionale, Coppa Libertadores e Coppa Intercontinentale) con Zico in attacco.

Riportato a casa il titolo che nel 2016 era stato vinto dal Palmeiras (nove “scudetti”, nessuno come il “Verdão"), Fabio Carille ha in mente di organizzare adesso un viaggio in Italia. La sua prima tappa? Napoli. Così ha raccontato qualche tempo fa il tecnico, ex assistente e discepolo di Tite prima di diventarne l’erede, quasi a sorpresa, mentre si preparava a trascorrere lo scorso Natale con i suoi parenti, a Sertãozinho, 302 chilometri da San Paolo. Il suo desiderio? Seguire per qualche giorno i metodi di allenamento di Sarri. Il suo Corinthians ha dominato il “Brasileirão” ed è rimasto imbattuto nelle prime diciannove partite, vincendo il titolo con tre giornate di anticipo dopo aver centrato anche il Torneo Paulista: settantuno punti, dieci di vantaggio sul Gremio (finalista in Coppa Libertadores con gli argentini del Lanus), ventuno vittorie, otto pareggi, sei sconfitte, quarantotto gol realizzati e ventiquattro subiti.

Carille, nato a San Paolo e cresciuto nel barrio di Vila Ema con i genitori Joaquim e Wanda, un corso da tornitore a Senai, ha costruito questa impresa puntando sul 4-2-3-1: centrocampo folto e robusto, corsa e pressing. E davanti un centravanti, Jô, che ha riscoperto nel “Timão” una seconda giovinezza: trentuno anni, diciotto gol, capocannoiere del “Brasileirão”, con la doppietta di testa al Fluminense ha sorpassato in classifica Henrique Dourado. Ha cominciato la carriera nel Corinthians, ha giocato nel Manchester City di Mancini, ha girato il mondo: dalla Russia (Cska Mosca) alla Turchia (Galatasaray), dagli Emirati Arabi (Al Shabab) alla Cina (Jiangsu Suning, il club che appartiene allo stesso Gruppo che controlla l’Inter).

Il principio del Corinthians targato Carille? Prima la sostanza, poi lo spettacolo. Tra i pali c’è Cassio, sostituito per infortunio nelle ultime tre gare da Caíque França. Fagner è il terzino destro, Guilherme Arana si muove sulla fascia sinistra, Pedro Henrique e Pablo al centro della difesa. Gabriel e Jadson sono i due registi titolari, ma Carille si è affidato spesso anche a Camacho. Angel Romero, Rodriguinho e Clayson hanno il compito di accendere la manovra, alle spalle di Jô, un metro e 89, mancino, arrivato da svincolato all’inizio di gennaio e pronto a firmare un contratto fino al 2019.

E’ stato lui, Jô, maglia numero 7, l’eroe della sfida con il Fluminense: due gol in tre minuti (all’inizio del secondo tempo), sfruttando gli assist di Clayson e Fagner. Trentadue partite da titolare, 2.845 minuti in campo, due doppiette (la prima contro l’Atletico Paranaense), una galleria di diciotto reti aperta nella giornata inaugurale del campionato davanti alla Chapecoense, sette sostituzioni ricevute, cinque cartellini gialli. E’ il suo secondo successo nel “Brasileirão”: Jô aveva contribuito anche a un altro trionfo del Corinthians, nel 2005. Ha vinto anche uno “scudetto” in Russia con il Cska Mosca, una Coppa d’Inghilterra con il Manchester City e una Coppa Libertadores con l’Atletico Mineiro, nel 2013, giocando in attacco con Ronaldinho e Diego Tardelli.

Condividi

  • Link copiato

Commenti

Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi