Giornale di critica e di politica sportiva fondato nel 1912

Vincolo: quel che tutti fan finta di non sapere

Redazione

22.11.2013 ( Aggiornata il 22.11.2013 10:39 )

  • Link copiato

Ripropongo un interessante articoletto che ho trovato nel sito "footballscout24.it", sempre molto documentato per chi ama il calcio giovanile. L'intervento fotografa senza ipocrisie ciò che accade tutti i giorni a livello dilettantistico riguardo la problematica del vincolo. Un resoconto senza peli sulla lingua delle situazioni, che definire "imbarazzanti" mi pare il minimo, a cui si sono trovati di fronte tanti genitori di giovani calciatori. Continuare a far finta di non vedere, come fanno Federazione e Lega Dilettanti, non giova a nessuno. Men che meno a ragazzi costretti spesso a guardare per mesi e mesi le partite dalla tribuna, vittime di contese, pressioni e ricatti che poco o nulla hanno a che fare con il gusto e il piacere del "gioco". Due anni fa sono stato testimone diretto di una delle tante vicende del genere: ero responsabile organizzativo di un'importante società della provincia di Bologna e un ragazzo della Juniores, anche per (oggettivi) problemi di trasporto, chiese di poter andare a giocare in un'altra squadra più vicina a casa sua. Nessun problema, gli disse il vicepresidente, purché tuo padre ci dia 2.000 euro per lasciarti libero. Cercai, per quel che potevo, di far trovare alle parti un ragionevole accordo, me non se ne fece niente. E il ragazzo perse la stagione. Di più: ne nacque anche un'incresciosa disputa familiare, dal momento che la madre rinfacciò al padre di non aver assecondato il desiderio del ragazzo rifiutandosi di scucire quella somma. Il poveretto era abbatutissimo: «Ma ti rendi conto? Il figlio che non gioca a calcio e la moglie che mi dà pure contro... Passo per un padre degenere solo perché mi sono rifiutato di sottostare a questo ricatto. E tutto per il calcio? Ma dove siamo arrivati?». Appunto. Il tema posto dall'Associazione Calciatori è più che mai d'attualità. Ignorarlo, ripeto, non ha senso. Altro discorso è mettersi attorno a un tavolo e cercare di trovare una soluzione che tenga anche conto dell'impegno di tante società (altro dato di fatto inconfutabile) nella formazione calcistica dei giovani. Impegno (inutile far finta di ignorare pure questo) che richiede un sostegno economico non indifferente: chi paga infatti campi, cartellini, iscrizioni ai campionati, divise, attrezzatura sportiva, bollette varie per luce, acqua e gas e un minimo di rimborso per gli allenatori? Ecco perché (come dice l'articolo) non è giusto che le società siano libere di fare "il bello e il cattivo tempo", ma non è neppure giusto (e l'articolo sbaglia a non sottolinearlo) che le spese sostenute per l'attività non ottengano un qualche riconoscimento concreto.

Gianluca Grassi

IL VINCOLO SPORTIVO: QUANDO SOCIETA' E COMITATI FANNO FINTA DI NON SAPERE Il vincolo sportivo, termini tornati di moda recentemente perchè portati alla ribalta nazionale da Damiano Tommasi, in nome dell’Aic. Un tema caldo, che merita sicuramente rispetto ed anche qualche intervento, visto che l’Italia è rimasto l’unico paese, insieme alla Grecia, ad avere questa normativa (ci sarà un motivo se nell’Europa che conta questo non c’è?) Partiamo dalla norma: una volta c’era il vincolo a vita, poi in seguito alle importanti novità legate alla sentenza Bosman, è stato invece introdotto un limite: quello dei 25 anni, età oltre la quale un calciatore dilettante può liberarsi con atto unilaterale dalla società di appartenenza e firmare un nuovo tesseramento con altra società; a dir la verità nel corso degli anni sono stati sottoscritti documenti e protocolli d’intesa (puntualmente disattesi) nei quali si ipotizzava la progressiva eliminazione assoluta di tale vincolo nel settore dilettantistico. A questo, chiaramente, arriva l’obiezione di Federazione, Comitato, Leghe Nazionali, obiezione che porta il nome dell’agognato art. 108 NOIF, l’articolo che permette in sostanza al calciatore di potersi svincolare al termine dell’anno calcistico. Peccato, però, che questo accordo deve essere bilaterale, ed è sovente il caso in cui la società, per fare un dispetto al calciatore che se ne va, per costringerlo a rimanere anche controvoglia, non firmi l’accordo o, nelle altre ipotesi, si renda disponibile a firmarlo in cambio di un qualcosa (atto chiaramente illegale). Vi siete mai imbattuti in una situazione del genere? Quelle in cui Tavecchio e gli altri sostengono che il vincolo non c’è e che i calciatori possono fare ciò che vogliono? Ecco, vi spieghiamo la prassi. Il calciatore, dilettante o di settore giovanile, si rivolge alla società per poter essere svincolato ed avere la famosa e tanto attesa liberatoria. Da qui iniziano i problemi: il primo riguardo l’appuntamento, procrastinato vita natural durante, da parte di chi deve firmare questo documento, poi i rinvii, le telefonate a vuoto, gli appuntamenti mancati fino a quando, in cambio della firma, arriva la richiesta (ci mancherebbe non in tutti i casi, ma spesso), di una somma da dare alla società che in questo modo si rende disponibile a firmare. Per quale motivo si fa finta di ignorare tutto questo? Perchè coloro che dovrebbero vigilare su questo, stare dalla parte dei calciatori, sono invece sempre e comunque dalla parte delle società? Perchè Leghe, Federazioni e Comitati non studiano un sistema che impedisca alla società sportive di tenere sotto scacco i calciatori e giovani, rei spesso solo di voler trovare una squadra più vicina a casa o che semplicemente gli dia la possibilità di giocare di più? Le punizioni, in realtà, ci sono ma come è prassi nell’ordinamento italiano non sempre appaiono come le più giuste. Il primo deterrente, ed invitiamo ogni genitore e calciatore a farlo, è quello di presentarvi all’appuntamento con un qualche dispositivo che permetta di registrare quanto vi viene chiesto. In Campania, infatti, un atleta aveva registrato la richiesti di denaro dal parte della società in cambio dello svincolo su un nastro. Dopo la denuncia alla Procura Federale è arriva la qualifica di 4 mesi e 700 € di multa al presidente, poi ridotti a 2 mesi e 500 €, non un granchè ma sicuramente un deterrente. Voi direte giustamente: ma perchè un genitore o un calciatore che vuole semplicemente cambiare squadra, si deve travestire da investigatore per poter veder riconosciuto un suo diritto? Perchè, cari miei, qui siamo in Italia, siamo nel paese in cui chi è nel giusto deve giustificarsi e chi trasgredisce la passa liscia. Siamo nel paese, soprattutto, dove chi è in posizioni di importanza vitale come presidenti di Leghe e Comitati, ogni giorno dovrebbe farsi garante dei diritti di coloro che muovono questo sport. Perchè, cari Presidenti, forse vi sfugge che senza questi attori, loro sì protagonisti, non esisterebbero Comitati, benemerenze, Tornei delle Regioni e quanto altro. Voi dovreste essere al servizio sei giovani calciatori, non far finta di niente di fatto legittimando, le società, a continuare a fare il bello ed il cattivo tempo. Fonte: footballscout24.it

Condividi

  • Link copiato

Commenti

Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi