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La stella di Inzaghi© Inter via Getty Images

La stella di Inzaghi

Il ventesimo scudetto dell'Inter, l'ultimo derby di Pioli, il ciclo di Marotta, un allenatore nella storia, l'anno di Calhanoglu e la scomparsa di Zhang

Stefano Olivari

23.04.2024 ( Aggiornata il 23.04.2024 09:46 )

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Il derby ha ufficializzato il ventesimo scudetto nella storia dell’Inter, il nono (lui dice nono e mezzo, quasi una stella personale) in quella di Beppe Marotta, il secondo per Zhang, ma soprattutto il primo per Simone Inzaghi e tanti giocatori. Senza contare la seconda stella interista, incredibile oggetto di dibattito come un qualsiasi calcio di rigore. Questo trionfo, paragonabile nelle proporzioni a quello del Napoli di Spalletti anche se lo svolgimento del campionato è stato diverso (l’anno scorso non c’era una Juventus che fino a febbraio ha tenuto botta), è stato analizzato così tante volte che rimane poco da dire. Questo dell’Inter di Marotta è un ciclo, iniziato alla fine del 2018 e con una fine scritta nel 2027, quando Marotta avrà 70 anni, anche se non si può mai dire perché per un dirigente italiano guidare un grande club senza avere dietro un proprietario che ogni giorno lo pressi e/o lo delegittimi è una situazione quasi unica. E questo valeva anche quando Steven Zhang poteva uscire dalla Cina. Comunque Marotta miglior dirigente calcistico italiano per distacco nell’era moderna, avendo fatto benissimo in realtà grandi (Inter e Juventus), medie (Sampdoria e Atalanta) e piccole (Venezia, Ravenna, Como, Monza e l’amato Varese che come progetto per la vecchiaia potrebbe rifondare da zero, visto che non esiste più da 5 anni). 

Significativo che la certezza dello scudetto sia arrivata nel derby, prima volta nella storia della Serie A che questo avviene, visto che gran parte del gruppo di Inzaghi riteneva di poterlo vincere già due anni fa, contro un Milan sulla carta (ma solo sulla carta, perché poi aveva altri valori) inferiore a quello attuale. Una partita giocata a viso aperto fino quasi alla fine, quando il Milan ha segnato l’1-2 e tutto si è caricato di tensione, con espulsi e mezze risse. La fine dell’era Pioli, ex della situazione al suo sesto derby di fila perso. Una fine senza un vero perché tecnico o aziendale se non il bisogno di cambiare, di dare una scossa. Il fatto che lui abbia molto mercato, fra l'altro è uno dei candidati principali per il Napoli, dovrebbe dire qualcosa agli allenatori del web. 

Guardando al campo, questa Inter riflette le idee del suo amministratore delegato: tanti italiani a creare spogliatoio, tante occasioni da plusvalenza (esempi: Onana l’anno scorso, Thuram quest’anno anche se non è detto che parta lui) o da rendimento instant (come era Dzeko, come è Mkhtaryan), allenatori che applicano il modulo preferito di Marotta, il 3-5-2 (soltanto Allegri ad un certo punto ebbe la possibilità di derogare). Senza dimenticare gli errori: Gosens, Correa, Sensi, Eriksen, l'andirivieni di Sanchez, Cuadrado, Arnautovic, per citare chi ha reso molto meno del previsto fra gli acquisti. Senza dimenticare nemmeno le diverse uscite mal gestite, per motivi diversi e con incassi diversi, su tutte quelle di Icardi e Skriniar, ma metteremmo in questo elenco anche Conte pur non avendo l’Inter perso niente con la sua partenza, anzi. Insomma, l'importanza dei dirigenti è sintetizzata dalla differenza fra il De Laurentiis 2022-23 e quello attuale: non è che vincano loro, ma creano le condizioni perché la squadra possa farlo e l'allenatore lavori tranquillo.

Proprio qui volevamo arrivare, andando oltre le statistiche che pure vedono i nerazzurri nell'arco degli ultimi tre anni dominare secondo ogni indicatore statistico avanzato, ben oltre gli ormai banali expected goals. Lo diciamo in maniera chiara: nessuna Inter nell’era della televisione a colori, quindi dal post Herrera (non contiamo l’H.H. che sarebbe tornato per un anno con Fraizzoli), ha giocato meglio dell’Inter di Simone Inzaghi, nemmeno squadre più forti o con valori dei singoli superiore come la squadra del Triplete di Mourinho. E ci fermiamo qui, perché non siamo così vecchi da aver visto giocare dal vivo la Grande Inter di Moratti padre. Questo è un grande merito, che va al di là dello wikipedismo da trofei vinti, che pure sono già tanti, perché gli ultimi 6 scudetti sono stati conquistati da 6 allenatori diversi (Allegri, Sarri, Conte, Pioli, Spalletti, Inzaghi), in tre casi degli ultimi quattro una prima volta assoluta, e non è che a turno uno sia un genio del calcio e gli altri incapaci. Inzaghi è lo stesso Inzaghi che 14 mesi fa veniva dato in zona esonero. Esiste l’inzaghismo, come esiste il guardiolismo e come non esiste l’ancelottismo? Sono etichette mediatiche stupide, ma che in una carriera contano perché a distanza di decenni ci si dimentica del gioco e rimane soltanto l’etichetta. La risposta è comunque no. Potrà far giocare benissimo altri dieci anni, Inzaghi, ma è più facile la chiamata al Real Madrid che la nomina a maestro.

Quanto ai giocatori, quelli chiave sono stati un Bastoni con sempre maggiore iniziativa, un'evoluzione iniziata con Conte, un Dimarco trascinatore e rappresentante dell'identità della squadra e di Milano, un Calhanoglu regista totale, un Lautaro Martinez che oltre che per i suoi gol ha lavorato per gli altri e un Thuram capace di creare attacco anche nei periodi di scarsa vena (ed in uno di questi, suoi e di Lautaro Martinez, c'è stato l'ottavo di Champions con l'Atletico Madrid). Questi i cinque un po' sopra gli altri, forse Calhanoglu un po' più sopra, non mettiamoci a fare un elenco da cui risulta che sono tutti fenomeni perché non è vero e quelli bravi trascinano gli altri all'Inter come alla Salernitana e al Real Madrid. Di sicuro Sommer, uno dei dubbi estivi, non ha fatto rimpiangere Onana, pur avendo piedi inferiori. 

Questo scudetto è il primo, a memoria di tutti, che non sia stato festeggiato insieme al presidente o al proprietario della squadra. L’ultimo contatto fisico della squadra con Steven Zhang risale alla scorsa estate, l’ultima apparizione pubblica quella al gran premio della Cina di domenica. È evidente che non sia in carcere, ma anche che non possa uscire dalla Cina per via delle tante pendenze finanziarie: nei paesi non democratici non si scherza, anche con i semplici debiti. Il festival dell’insider tarocco ha troppi iscritti, anche se meno di quelli del commercialista della mutua, la logica dice che gli Zhang faranno di tutto per tirare a campare (traduzione: un nuovo prestito) in attesa che i bilanci dell’Inter invertano la tendenza e che il valore del club subisca uno shock positivo da situazioni commerciali nuove, quella botta che avrebbe dato in un colpo solo il bonus di ingresso nella superlega. Nella loro testa il ciclo durerà altri tre anni. Come De Laurentiis fino al 2023 e come Elliott hanno avuto l’intelligenza e l’umiltà di affidarsi alle persone giuste, dopo avere sfiorato quelle sbagliate. 

stefano@indiscreto.net

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