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Spalletti come Mancini© LAPRESSE

Spalletti come Mancini

Il nuovo comissario tecnico dell'Italia è uscito abbastanza bene dalle prime due partite, con Macedonia e Ucraina, ma bisogna sforzarsi per trovare grandi differenze con il suo predecessore...

Stefano Olivari

13.09.2023 ( Aggiornata il 13.09.2023 11:59 )

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Luciano Spalletti è uscito vivo dalla partite con Macedonia e Ucraina, dopo cui ci sarebbe stato il processo a Mancini. Adesso per il secondo posto nel girone basterà non suicidarsi: senza elencare le mille combinazioni un pareggio in Ucraina, unito alle vittorie casalinghe con Macedonia e Malta e alla sconfitta con l’Inghilterra, sarebbe sufficiente per andare a Euro 2024 senza passare dai miniplayoff. Non è un discorso banale, ma anzi la base dell’estate azzurra visto che a fine settembre Mancini sarebbe entrato nel mirino (o così pensava, che dal suo punto di vista è la stessa cosa), situazione lui che quindi ha anticipato tutti facendo una scelta di cui si è già pentito, al di là dei discorsi soldi arabi.

Venendo al calcio giocato, Spalletti non ha fatto rivoluzioni e non ne farà, al netto dei soliti discorsi da inizio ciclo, a colpi di “Ha portato più entusiasiamo” e “Cercherà di costruire la superiorità attaraverso il gioco”: una rassegna stampa del luglio 2021 letta oggi sarebbe imbarazzante e non per Mancini. Al di là della fine della vita azzurra di Bonucci, Verratti e Jorginho, che ci sarebbe stata in ogni caso, questa è l’Italia di prima e per trovare differenze tattiche sostanziali fra Spalletti e Mancini bisogna andare su sfumature, come il fatto che Spalletti non sia legato al mito del centravanti-centravanti, visto che la sua punta centrale deve essere per prima cosa veloce, ed il pressing alto non sia chiamato in situazioni particolari, come era con Mancini, ma sia in teoria continuo. Mentre la predilezione per la palla a terra, già di Mancini, con Spalletti è quasi ossessione. Ma i Di Lorenzo e Dimarco di prima sono i Di Lorenzo e Dimarco di adesso.

Guardando alla storia dei due allenatori la vera grande differenza risulta una: nella scelta dei giocatori Mancini è sempre stato volubile, invece Spalletti se potesse tornerebbe al calcio in cui in panchina c’erano tre giocatori. È quindi sicuro che l’Italia dei prossimi due anni e mezzo sarà un gruppo relativamente chiuso, con poca creatività nelle convocazioni ed ancora meno nelle formazioni base. Del resto i soltanto 150 convocabili in Serie A di cui parla Spalletti sono sempre quelli, ma lui non discute dei massimi sistemi e non si nasconde dietro a megapiani di rifondazione del calcio italiano, come prova il fatto che non gliene importi niente di supervisionare Under 21 e Under 20. Fra l’altro la formazione titolare di San Siro non è lontana da quella che potrebbe giocare il Mondiale 2026 (Tonali per Locatelli e Chiesa per Zaccagni, ipotizziamo). Mancini viaggiava alla media quasi un esordiente a partita (57 in 61 incontri, dal Politano di Italia-Arabia Saudita 2018 al Buongiorno dello scorso giugno contro l’Olanda), Spalletti ha di sicuro altre idee. Ma sono dettagli che scompiono di fronte al dio risultato, anche di un'amichevole, come dimostra il mitico modello tedesco. 

stefano@indiscreto.net

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