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Mancini in Serie B© LAPRESSE

Mancini in Serie B

La scelta dell'ex allenatore dell'Italia di allenare l'Arabia Saudita è diventata ufficiale, con una sua evidente logica finanziaria. Che però è del tutto slegata dalla storia dell'uomo e dal suo sogno di vincere il Mondiale...

Stefano Olivari

28.08.2023 10:46

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Roberto Mancini ufficializzando la sua firma con l’Arabia Saudita, attraverso un video imbarazzante, ha purtroppo perso la faccia. Inutile girarci intorno. Non certo per i soldi che prenderà per allenare la nazionale araba fino minimo al 2027, perché è diritto di chiunque andare dove ci sono migliori opportunità, e nemmeno per le modalità del suo addio all’Italia che sono tuttora oggetto di discussione: in ogni caso la sua posizione sarebbe stata discussa dopo le partite con Macedonia e Ucraina, un ciclo era ormai finito e lui ha soltanto anticipato i tempi con Spalletti che era lì pronto da mesi (altro che il 'troppo amore' che avrebbe causato l'addio a De Laurentiis). Mancini esce male da questa vicenda semplicemente perché è andato ad allenare in Serie B, una Serie B destinata a rimanere tale per decenni a meno che la FIFA trasformi le nazionali in club permettendo la naturalizzazione anche di chi ha già giocato in un’altra nazionale. 

L’Arabia Saudita è tutt’altro che una cattiva squadra, sia per il passato (tre vittorie in Coppa d’Asia, l’ultima nel 1996, e 6 qualificazioni alla fase finale dei Mondiali su 12 tentativi, il primo per Argentina 1978) sia per il presente visto che in Qatar è stata l’unica squadra a battere l’Argentina di Messi, un mese dopo diventata campione del mondo. Ma certo le sue probabilità di vincere il Mondiale 2026 sono inesistenti, mentre la vituperata Italia ha un livello medio-alto che in determinate condizioni può sempre far scattare la magia. Insomma, quella coppa che il Mancini giocatore avrebbe meritato e che al massimo avrebbe potuto vincere da riserva a Italia ’90, e che il Mancini allenatore aveva come ossessione, sarà nel 2026 e anche nel 2030, guardando alla vera prospettiva del discorso, vinta da altri.

Questo è il vero aspetto inspiegabile del giallo calcistico dell’estate 2023, viste le offerte che Mancini ha sempre avuto per allenare grandi club anche in questi anni (quella del PSG su tutte) e la realtà, molto concreta, dei due anni di contratto residui con lo Zenit San Pietroburgo a cui rinunciò nella primavera del 2018 per allenare gli azzurri: erano circa 13 milioni di euro netti in totale, per un contratto con la FIGC che all’inizio era sui 2 prima di arrivare ai 4,5 attuali. Non è strampalato quindi dire che per allenare l’Italia Mancini abbia guadagnato pochissimo, in proporzione al suo mercato, meno di un medio allenatore di Serie A.

Il facile tiro a Mancini, in pochi giorni passato passato da architetto del calcio italiano a Pacciani (secondo le sue parole dette a Italo Cucci), ha una buona dose di viltà editoriale perché lui non è legato ad alcun grande club italiano, ma è anche basato su una scelta che contraddice tutta la storia personale di un uomo che non ha mai fatto scelte facili, di un cattolico che andrà a fare l’uomo immagine per lo sportwashing di una monarchia-dittatura musulmana dai fondi illimitati, di uno sportivo che ha sempre giocato e allenato per vincere, di un bravo gestore dei tanti soldi guadagnati che non ha bisogno dei 70 milioni di Bin Salman (facile il paragone con Matteo Renzi, due che avevano l’Italia in mano e ora lavorano per gli arabi) o di chiunque altro, di un amante della vita che certo soffrirà più del calciatore medio rinchiuso nella sua villa che potrebbe essere a Roma come a Riad.

Poi tante cose devono ancora essere definite in questa vicenda, a partire dalla composizione dello staff (non tutti sono entusiasti di vivere in Arabia minimo 6 mesi l’anno, visto che l’impegno non si esaurirà con la nazionale) e dall’eventuale contenzioso con la FIGC, ma la realtà è chiara. Rimane il mistero di una scelta che sembra razionale a chi sa contare (20 milioni a stagione sono più del quadruplo di 4,5) o a chi ricorda le massime di Paolo Mantovani ("Non sapete quanto sia bello essere ricchi", disse una volta a Franco Rossi), ma non a chi ha una conoscenza, anche minima, di Mancini.

stefano@indiscreto.net

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