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Il decennio di Simeone© Getty Images

Il decennio di Simeone

L'era del Cholo alla guida dell'Atletico Madrid non sarà ricordata solo per le tante vittorie ottenute o sfiorate, ma anche per l'identità incredibile data ad una squadra e ad un ambiente. E non si parla del 4-4-2...

Stefano Olivari

21.02.2019 ( Aggiornata il 21.02.2019 17:50 )

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Dopo la vittoria sulla Juventus, nell’andata degli ottavi di Champions League, la celebrazione è soprattutto per Diego Simeone. Uno dei pochi allenatori del mondo, insieme a Guardiola l’unico di quelli in Champions, a poter essere identificato soltanto dal gioco delle sue squadre, che potrebbero indossare qualsiasi maglia ed essere subito riconosciute. Merito di Simeone, ovviamente, ma anche di un dettaglio non da poco: dei 16 allenatori rimasti in corsa per il torneo per club più ricco e seguito del mondo il quarantanovenne argentino è quello che da più tempo è sulla stessa panchina. Solo Genesio può in qualche modo essere paragonabile al Cholo, anche se è solo dal 2015 che al Lione è capoallenatore. Simeone infatti guida l’Atletico Madrid dal 23 dicembre 2011, e avendo appena firmato un contratto fino al 2022 la sua era supererà quasi certamente il decennio. Con un premio non trascurabile, visto che i 24 milioni di euro annui ne fanno l’allenatore più pagato al mondo, davanti a santoni mediaticamente più celebrati. La ragione è semplice: Simeone non è un grande allenatore dell’Atletico Madrid, ma ormai è l’Atletico Madrid. Ne costituisce l'identità stessa, ben al di là del 4-4-2 o della carica agonistica. 

Bisogna dire che nel 2011 non prese in mano una squadra di poveretti, ma una squadra che l’anno prima aveva vinto l’Europa League e la Supercoppa Europea (in finale sull’Inter fresca di Triplete). Partito con il bonus di essere già stato amatissimo come giocatore, vincendo anche un campionato, Simeone teorizzò e praticò fin da subito quello che oggi chiamiamo cholismo ma che ai tempi era soltano un inno al gioco verticale e concreto, in contrapposizione al tiqui taca sterile (da ricordare che la difinizione originaria di tiqui taca, data da Javier Clemente, era in senso dispregiativo) e in generale, volendola mettere sul filosofico, al guardiolismo. I risultati arrivarono subito, con il trionfo in Europa League, battendo in finale l’Athletic Bilbao di Bielsa. La formazione di quella sera a Bucarest merita di essere ricordata, perche sette anni sono tanti: Courtois – Juanfran, Godin, Miranda, Filipe Luis – Suarez, Gabi, Adrian Lopez, Diego, Arda Turan – Falcão. Koke entrò a partita in corso… Con la Juventus oltre a Koke c’erano soltanto Juanfran, Godin e Filipe Luis, e Gimenez ha splendidamente preso il posto di Miranda, senza contare che Oblak è almeno al livello di Courtois. Il successo di Simeone nasce quindi prima di tutto da una difesa eccezionale, rimasta praticamente immutata nel tempo. Nessuna formula magica, basti pensare alla Juventus di Buffon e della BBC o a tante altre squadre di successo.

Le tante vittorie (Europa League 2012 e 2018, Supercoppa 2012, Coppa del Re 2013, Liga 2013-14, Supercoppa spagnola 2014) conquistate e le due Champions League (entrambe in finale con il Real Madrid di Cristiano Ronaldo, 2014 e 2016, la prima ai supplementari e la seconda ai rigori) dicono comunque meno della fine della fine della sudditanza nei confronti di Real e Barcellona, oltre che dell’importanza di Simeone nel far digerire al popolo biancorosso il passaggio, avvenuto nel 2017, dal Vicente Calderon al Wanda Metropolitano. Il rendimento in Champions ha dato poi una dimensione, anche finanziaria, nuova, ed è stato doppiamente bravo Simeone nel non far perdere l’anima da battaglia. 

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