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Il sistema Solari© AFPS

Il sistema Solari

Il successore di Lopetegui è il quarto allenatore argentino nella storia del Real Madrid, dopo personaggi come Carniglia, Di Stefano e Valdano. La grande sfida non sarà tanto vincere, quanto non essere considerato provvisorio...

Stefano Olivari

31.10.2018 09:12

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Chissà se Santiago Solari sarà per il Real Madrid del dopo Lopetegui soltanto un traghettatore e chissà fino a quando lo sarà. Certo è che si tratta del quarto allenatore argentino nella storia del club calcistico più importante del mondo, dopo tre personaggi a loro modo storici e che hanno segnato in profondità il madridismo: Luis Carniglia, Alfredo Di Stefano e Jorge Valdano.

Il primo è stato uno degli allenatori del grande Real degli anni Cinquanta, nomi che al contrario di quelli dei calciatori nessuno ricorda anche se poi quasi tutti hanno avuto un’ottima carriera. In particolare Carniglia, che dopo le due Coppe dei Campioni vinte con il Real versione Di Stefano si sarebbe visto in Italia con Fiorentina, Bari, Roma (vittoria nella Coppa delle Fiere 1961, era la squadra di Losi e Angelillo), nel Milan dopo la prima vittoria in Coppa dei Campioni (c’era lui in panchina nell’Intercontinentale persa contro il Santos di Pelé, quella dell’arbitro Brozzi), Bologna e Juventus (arrivò nel 1969, dopo Heriberto Herrera, ma durò pochi mesi). La leggenda narra che nel 1959 Santiago Bernabeu lo esonerò perché non aveva fatto giocare Puskas nella finale di Coppa dei Campioni poi comunque vinta contro lo Stade Reims, ma il fuoriclasse ungherese secondo le cronache dell’epoca (non c’eravamo, le abbiamo lette) era infortunato e la cosa è credibile perché Carniglia ovviamente mai aveva rinunciato a lui e Puskas era stato infatti protagonista nelle semifinali contro l’Atletico Madrid. Vero è che Carniglia aveva una considerazione di sé stesso altissima e che detestava quasi tutti i colleghi, in particolare i connazionali (a partire da Helenio Herrera). Tatticamente non un innovatore, ma un nemico dei passaggetti e del possesso palla sterile: non un bene, in squadre di campioni che ogni tanto vogliono tirare il fiato e giochicchiare.

Il Di Stefano allenatore non è nemmeno paragonabile al Di Stefano calciatore, anche se al contrario di altri grandissimi ebbe l’umiltà di costruirsi una buonissima carriera in squadre medie, mettendo a segno qualche colpo (il campionato spagnolo vinto con il Valencia nel 1971, poi nel 1980 la Coppa delle Coppe sempre con il Valencia, nella versione con Bonhof e Mario Kempes) e venendo comunque sempre rispettato. Trascurabili, anche se iniziate cariche di aspettative, le sue due esperienze sulla panchina del Real Madrid, ricordate per una finale persa: quella della Coppa delle Coppe 1982-83, quando la squadra di Juanito, Santillana e Stielike fu battuta dall’Aberdeen allenato dall’emergente Alex Ferguson, con un memorabile colpo di testa di Hewitt nei supplementari. Con la stampa spagnola scatenata contro Di Stefano, accusato di avere proposto un Real troppo scoperto. Il tempo del rispetto e del rimpianto nei confronti della Saeta Rubia sarebbe arrivato più avanti.

Il terzo allenatore argentino nella storia del Real è ancora ben presente nell'immaginario del mondo madridista: lì è stato buon attaccante a metà anni Ottanta, il suo periodo d’oro (campione del mondo 1986, fra l’altro) come giocatore, ma anche dal 1994 al 1996 buon tecnico di una squadra che provava a riprendersi dopo anni di dominio del Barcellona di Cruijff. Lanciò in prima squadra il diciassettenne Raul a fianco di Zamorano, mandò di fatto in pensione Butragueno e vinse subito il titolo nazionale con una ottima squadra, magari non galattica ma comunque piena di campioni, da Hierro a Luis Enrique, da Michael Laudrup a Redondo. Valdano non avrebbe allenato per molto: meglio fare il dirigente, anche al Real dove nel 2011 fu cacciato per contrasti con Mourinho ma soprattutto Florentino Perez, e il filosofo del calcio.

Insomma, tre grandi personaggi che al di là di quello che poi hanno vinto non erano stati presentati come traghettatori. La sfida di Solari non sarà quindi tanto vincere partendo dalle squadre minori del Real, come era stato per Zidane, ma farsi prendere sul serio da uno spogliatoio storicamente difficilissimo, che divora sia i sergenti di ferro sia i personaggi troppo morbidi. Come figura Solari ricorda quel Valdano di metà anni Novanta, che comunque veniva da un biennio al Tenerife, mentre come missione ha la solita: vincere o salutare, in una realtà che con Perez è difficile come ai tempi di Bernabeu. In 15 anni di sua presidenza se ne sono accorti Del Bosque, Queiroz, Camacho, Garcia Remon, Luxemburgo, Lopez Caro, Pellegrini, Mourinho, Ancelotti, Benitez, Zidane e Lopetegui.

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