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Le occasioni di Rafinha e Icardi© Getty Images

Le occasioni di Rafinha e Icardi

Il Barcellona è una delle poche squadre di Champions League che rispetta davvero lo spirito delle regole UEFA sugli otto giocatori 'locali', ma negli ultimi tempi anche per i blaugrana la tendenza è quella verso una rosa difficile da distinguere da quella dei concorrenti...

Redazione

25.10.2018 11:17

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La partita di Champions League fra Barcellona e Inter ha messo di fronte Rafinha e Icardi, ex compagni non solo all’Inter dell’anno scorso (che non riscattò il figlio di Mazinho, nonostante l’ottimo finale di stagione) ma soprattutto nelle giovanili del Barcellona prima che Icardi si rendesse conto di non avere sbocchi in prima squadra, in pieno guardiolismo con tanto di obbligo di falso nueve, e accettasse nel gennaio del 2011 le offerte della Sampdoria.

Ma al di là del passato prendiamo Rafinha e Icardi come pretesti per osservare il declino del passaggio dal settore giovanili alla prima squadra, anche per giocatori forti come loro. Nell’ultima stagione completa in cui i due ragazzi (all’epoca diciassettenni) giocarono insieme, la 2009-10, nel Barcellona Juvenil A portiere era Alex Sanchez (adesso all’Ibiza di Borriello), in difesa giocava Carles Planas (ora al Girona), in attacco Jony Rodriguez (attualmente il Malaga lo ha prestato all’Alaves) e Cristian Ceballos (ora al St. Truiden), ma le stelle, i predestinati, erano Rafinha e Icardi. Metà di quella sorta di Primavera sotto età adesso fa altri lavori, al di fuori del calcio. Ecco, con buona pace della retorica sulla Masìa e dell’appartenenza catalana, a parte Rafinha nessuno di quei ragazzi ha avuto una reale chance in prima squadra, né con Guardiola né con i suoi successori.

Il club blaugrana rimane comunque un’eccezione in Champions League, visto che del Barcellona attuale possono essere considerati prodotti di casa Messi, Sergi Roberto, Piqué, Busquets, Jordi Alba, appunto Rafinha, in parte Munir, più le comparse Samper e Alenà. Nove giocatori sui ventitre presi in considerazione quest’anno da Valverde, di cui sette veri. Non siamo ai livelli del recente e glorioso passato, ma nemmeno al quasi zero (in termini reali) della concorrenza, con le norme UEFA che hanno riempito le rose di mezze figure con un vago passato giovanile nel club ma senza alcuna speranza di utilizzo. La regola è infatti chiara: nella lista A, al netto di sanzioni (tipo quella in cui è incorsa l’Inter), si devono inserire almeno 8 giocatori locali, di cui almeno 4 cresciuti nel vivaio del club e non più di 4 cresciuti nel vivaio di un club del paese.

Crescere nel vivaio del club non significa però esserci entrati da bambini, ma avere vestito quei colori per almeno tre stagioni nel periodo dai 15 ai 21 anni di età. È evidente che senza costruire qualcosa basta prendere un diciottenne di talento sul mercato (vogliamo dire Arthur?), tenerlo tre anni, e poi considerarlo come un proprio prodotto. Insomma, il Barcellona è in questo senso meglio di quasi tutte le partecipanti alla Champions League ma i segnali che stanno arrivando da qualche anno sono molto precisi. Una grande squadra, sempre, ma con la catalanità che fra qualche anno potrebbe diventare un ricordo.

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