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Conte e Chelsea, è finita male© AFPS

Conte e Chelsea, è finita male

Con l'esonero dell'ex allenatore della Nazionale finisce un biennio pieno di vittorie e di polemiche, con l'allenatore sempre convinto che sul mercato Abramovich potesse fare di più. Proprio come ai tempi della Juventus... 

Redazione

12.07.2018 ( Aggiornata il 12.07.2018 19:39 )

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L’esonero di Antonio Conte da parte del Chelsea, anticipato da una transazione che rende l’operazione inferiore ai 10 milioni di euro residui del contratto, chiude una storia che l’ex allenatore della Juventus e della nazionale aveva emotivamente già chiuso dopo il mercato dell’estate 2017, integrato da quello invernale ma secondo Conte non all’altezza di quello dei due Manchester e meno che mai di quello dei Real-Barcellona della situazione. Con la Juventus che sembrava lontana da logiche tipo CR7…

Eppure tutto era iniziato nel migliore dei modi, con Abramovich che lo aveva fortemente voluto per rilanciare una squadra appena arrivata decima in Premier League e lui che aveva fortemente voluto un grande club non italiano, al punto di lasciare l’azzurro e di permettere che la notizia diventasse di dominio pubblico ben due mesi prima di un Europeo che poi sarebbe stato giocato molto bene, a riprova dell’assurdità di certi ragionamenti sui contratti in scadenza (o di certi esoneri, tipo Lopetegui-Spagna). Una scelta rafforzata dai risultati e da un inizio di Premier League strepitoso, complice anche l’assenza dalle coppe, con il record di 13 vittorie consecutive (eguagliando L’Arsenal 2002) raggiunto l’ultimo giorno del 2016.

Un Chelsea, va ricordato, rinforzato dal ritorno di David Luiz dal PSG, da Kanté che era stato l’uomo chiave del Leicester City di Ranieri, da Marcos Alonso e da Batshuayi. Così come va ricordato che Conte gli impose, anche se non proprio da subito, il suo 3-5-2. I rapporti con Diego Costa meriterebbero un libro e tuttora non è chiaro perché Conte ce l’avesse con un attaccante di questa qualità, fra l’altro decisivo anche con lui. Da lì in poi una buona gestione fino alla vittoria del campionato diventata matematica a maggio e la vittoria in FA Cup sull’Arsenal. Lì l’apice del rapporto fra Conte e Abramovich: non perché il russo fosse rimasto turbato dalla vittoria in campionato ma perché in Conte vedeva una buona reincarnazione del primo Mourinho. A luglio, in pieno calciomercato, la firma del prolungamento di un anno, quindi fino al 2019.

Il resto è storia di oggi, anche se è iniziata quasi un anno fa. La rabbia per la cessione di Matic e le continue richieste di acquisti quasi sempre (va detto) soddisfatte. Il modesto campionato e la vittoria in FA Cup in finale proprio sul Manchester United di Mourinho. Con l’obbiettivo Champions League fallito ben prima dei turni finali, come gli era capitato alla Juventus: uscire contro il Barcellona negli ottavi non è un disonore, ma era lo stesso Barcellona che nei quarti si sarebbe suicidato contro la Roma. Il quinto posto in campionato e questa Champions guardata da spettatori hanno segnato la fine di Conte meno di quanto abbiano fatto i suoi atteggiamenti, in certi casi palesemnente alla ricerca dell’esonero. Che è arrivato, anche se in pratica alle sue condizioni. 

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