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La Champions della Roma, impresa ma non miracolo© LAPRESSE

La Champions della Roma, impresa ma non miracolo

Il club di Pallotta ha ricavi che sono il 40% di quelli del Liverpool qualificatosi per la finale con il Real Madrid, ma spiegare la Champions League soltanto in questi termini è semplicistico. Perché ad arrivare in fondo possono essere tanti, visto che i campioni rimangono pochi...

Redazione

03.05.2018 11:33

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La finale di Champions League fra Real Madrid e Liverpool è di nobiltà assoluta, ma questa non è una notizia. Il grande calcio europeo di club è ormai strutturato in modo tale da far andare in fondo sempre le stesse squadre, anche se il Liverpool manca dalla finale più ambita dal 2007 (perse con il Milan ad Atene) e il pur decente rendimento europeo dell’ultimo decennio (finalista di Europa League due anni fa contro il Siviglia, fra l’altro) non è all’altezza della sua storia. Di certo i Reds sono agganciati ai due treni più ricchi del mondo, la Champions e la Premier League, e possono ispirare qualche considerazione sull’importanza del fatturato nel calcio di oggi.

Stando ai bilanci della stagione 2016/17, cioè gli ultimi disponibili, il Liverpool è come dimensioni la nona società calcistica del mondo (fonte: Deloitte) con 424 milioni di euro annui di ricavi, di poco davanti alla Juventus decima. Il Real Madrid è invece la seconda, con 674 milioni, pochissimo dietro al Manchester United. Andando sulle semifinaliste, il Bayern Monaco è quinto e la Roma addirittura ventiquattresima con 172 milioni: in altri termini, la cilindrata del club di Pallotta è il 40% di quella del Liverpool. Ma è anche il 25% dello United di Mourinho che si è schiantato negli ottavi sul non irresistibile Siviglia di Montella, il 26% del Barcellona buttato fuori nei quarti dalla stessa Roma, addirittura il 65% di Inter e il 90% del Milan che la Champions l’hanno vista in televisione. Insomma, stando ai numeri quella della Roma è un’impresa paragonabile a quella di un teorico Chievo che arrivasse fra le prima quattro della serie A.

In prospettiva il problema della Roma non sono però i ricavi, maggior ragione dopo una Champions come questa che genererà un centinaio di milioni in più, ma il fatto che il bilancio sia perennemente in rosso e costringa alla cessione del Salah della situazione. Ma se parliamo solo di calcio il dato evidente è il solito e come al solito ci ripetiamo: i giocatori che fanno la differenza ad altissimo livello sono pochi, molti meno delle società che avrebbero i soldi per ingaggiarli. Non è quindi scontato che il Liverpool della situazione arrivi prima della Roma sui giocatori di classe medio-alta, a meno di vendere qualche pezzo pregiato (un capolavoro Coutinho al Barcellona per 120 milioni, cioè la somma di quanto in estate erano costati Van Dijk e Salah), mentre è scontato che rimanere nel giro della Champions sia nella logica di un azionista paradossalmente più importante che vincerla. Perché anche senza operazioni alla Neymar i soldi bisogna spenderli: nel 2015 Firmino non è stato scoperto su una spiaggia, ma pagato all’Hoffenheim 41 milioni, nel 2016 Mané è stato preso per la stessa cifra dal Southampton e lo stesso Salah nel 2017 può essere inserito in questa fascia di prezzo. I piagnistei sul fatturato sono quindi una giustificazione soltanto parziale, perché la Champions League si può vincere, o andarci vicino, con giocatori assolutamente alla portata dei migliori club della serie A e non soltanto della Juventus. Arrivare in semifinale di Champions è stata per la Roma un'impresa, ma non un miracolo. 

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