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I biglietti di Roma-Liverpool© LaPresse

I biglietti di Roma-Liverpool

Le code per la semifinale di Champions League hanno ricordato per entusiasmo e partecipazione quelle per la finale del 1984, anche se sono state molto più ordinate. 34 anni non sono passati invano...

Redazione

19.04.2018 ( Aggiornata il 19.04.2018 11:20 )

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Una semifinale di Champions League non è una finale, come dice la parola stessa, ma questo non toglie che le code per i biglietti di Roma-Liverpool del prossimo 2 maggio abbiano ricordato a tutte le persone di una certa età quelle per il Roma-Liverpool del 30 maggio 1984 e per altre partite di importanza simile. Dopo i 23.000 venduti in prelazione agli abbonati, i 37.000 della vendita libera sono stati piazzati in sole tre ore a tifosi che erano in coda davanti ai Roma Store anche da più di un giorno. Scene d’altri tempi, ma in questo caso lo diciamo in positivo visto che l’esperienza diretta ha ormai ufficializzato in mille casi che la vendita via web non è più trasparente di quella fisica, che premia sì i furbi (come quella online) ma anche i più motivati. Non vuoi investire qualche ora del tuo tempo per la tua squadra? È meglio che te ne stia a casa, allora.

Nel 1984 ai tifosi del Liverpool andarono 17.200 biglietti, più 2.000 alla federazione inglese, mentre 32.000 furono affidati alla gestione dalla Roma: il resto dell’Olimpico era ufficialmente campo neutro (si trattava pur sempre di una finale), quindi con i rimanenti biglietti divisi fra UEFA, FIGC, sponsor, agenzie viaggi, associazioni varie. Dalla sera di domenica 13 maggio, subito dopo Roma-Verona, non poche persone con sacchi a pelo e altro materiale da campeggio si misero in fila di fronte alla biglietteria dell’Olimpico, sperando di essere fra i fortunati ad aggiudicarsi un biglietto in vendita libera. Due conti: 32.000 meno 21.382 abbonati (poco più di quelli 2017-18) che avevano il diritto di prelazione, meno quelli garantiti ai club, gli omaggi e quelli per dipendenti e giocatori. Ne rimanevano, molto ottimisticamente, 5.000.

La caccia al tagliando era quindi prevedibile, mentre non erano stati previsti gli incidenti fra gruppi di tifosi giallorossi e anche fra singoli, che quel lunedì costrinsero la polizia ad intervenire con cariche e lacrimogeni. Davanti all’Olimpico c’erano almeno 15.000 persone, con rischi altissimi in caso di fuggi fuggi: qualche agente, dopo essere stato omaggiato di lanci di bottiglie e sassi, sparò in aria. Un caos notevole, con intervento anche di un reparto di poliziotti a cavallo ed un bilancio triste: 7 arrestati e 17 feriti. Uno di quei casi, come l’anno scorso a Torino la sera di Real-Juve, in cui il dio del calcio limita i danni.

Ovviamente iniziò lo scarico di responsabilità, con il presidente romanista Viola che che respinse le accuse del sindaco Vetere. Interventi della magistratura e addirittura del ministro dell’Interno, ai tempi Oscar Luigi Scalfaro, con grandi dichiarazioni senza seguito. Va detto che gli standard di sicurezza di quegli anni erano davvero minimi e non solo a Roma, quindi nessun frequentatore di stadi in realtà si indignò più di tanto. Due giorni dopo i bagarini iniziarono a piazzare la loro merce: un biglietto di Tribuna Monte Mario veniva via a mezzo milione di lire, con le curve che venivano invece piazzate a 80.000. Il piano B, che poi tanto B non erano perché quel modo di vivere la partita è rimasto nella storia, era Venditti al Circo Massimo e fu scelto da tantissimi. Per il dispiacere dei bagarini, che il giorno della partita furono costretti a piazzare le rimanenza quasi al prezzo nominale. 

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