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Mourinho e l'Old Trafford 14 anni dopo© AFPS

Mourinho e l'Old Trafford 14 anni dopo

La clamorosa eliminazione del Manchester United dalla Champions League permette un primo bilancio della gestione Mourinho. Ha fatto meglio dei predecessori, ma è difficile che il nuovo Ferguson diventi lui...

Stefano Olivari

14.03.2018 11:52

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La clamorosa eliminazione del Manchester United contro il Siviglia di Montella, squadra di cilindrata molto diversa, non cancella il grande passato di José Mourinho ma getta di sicuro un’ombra sul suo futuro. Dopo anni di ‘io contro tutti’ sospeso fra l’ambizione sbagliata di essere un allenatore condiviso, un altro Busby o un altro Ferguson per lo United (ha comunque un contratto fino al 2020), e quella di accettare la sfida di vincere dove non si è mai vinto, come al Paris Saint-Germain. Il punto di partenza è sempre uno: per quei sette, otto top club la Champions League è l’obbiettivo principale, ma ad alzarla è uno solo e non è che per forza gli altri abbiano fallito. Uscire con il Siviglia negli ottavi, giocandosela oltretutto abbastanza male e con sulle spalle il caso Pogba, è però qualcosa che al fallimento si avvicina molto.

Quando nell’estate 2016 Mourinho arrivò all’Old Trafford trovò una buona rosa che veniva da tre anni semi-disastrosi con Moyes, Giggs e soprattutto Van Gaal che comunque chiuse con una FA Cup: la situazione ideale per ricostruire. Ma è sbagliato pensare che il mercato sia stato faraonico, almeno in rapporto alle possibilità di uno dei club più popolari nel mondo. In due anni di Mourinho gli acquisti totali hanno superato le vendite di circa 290 milioni di euro in totale. Nella scorsa stagione sono arrivati Pogba, Mkhtaryan, Bailly e Ibrahimovic (a zero), in questa Lukaku, Matic, Lindelof e Alexis Sanchez (dall’Arsenal, scambiato con Mkhtaryan). Soltanto per Pogba e Lukaku si è arrivati a cifre notevoli, anche se i 150 milioni per Dembelé e i 120 per Coutinho dicono che nel mercato ormai i prezzi non sono proporzionali al valore dei giocatori ma soltanto con la il loro esiguo numero ad alto livello. Un confronto corretto è quello con l’arcinemico, ma ormai più nemmeno tanto, Pep Guardiola, al Manchester City anche lui dal 2016: gli sceicchi per il catalano hanno tirato fuori, come rosso di calciomercato, circa 400 milioni in due stagioni. Insomma, un grosso giocatore di differenza. Tanto, ma non da giustificare i 16 punti di distacco in Premier League, un gioco poco intenso (anche se negli ultimi mesi migliorato) e questa uscita dalla competizione che agli occhi dei padroni americani, più che dei tifosi inglesi, fa la differenza e fa dimenticare le due coppe (Europa League e coppa di lega) vinte l’anno scorso.

Uscendo per un attimo dal discorso Mourinho e guardando lo United, una volta di più viene da dire che il maggior numero di squadre con i soldi veri non ha aumentato i giocatori veri disponibili sul mercato. Valencia-Smalling-Bailly-Young è un buon quartetto difensivo (Mourinho detesta Lindelof, che gli è stato imposto e che le sue due partite buone in stagione le ha giocate contro l’Italia), ma se non fossimo così abituati a vederli in Premier League, con relativo pompaggio mediatico, e non avessero il nome sulla maglia potremmo tranquillamente scambiarli per la difesa della Sampdoria o del Bologna. In altre parole, essendo i grandi giocatori in numero limitato, nei grandi club bisogna migliorare quello che hai in mano. Ed è in questo che il Mourinho in versione United è mancato. Con l’aggravante di avere perso molta della carica del vecchio Mourinho: nello stesso Old Trafford, dal famoso gol di Costinha con cui il Porto eliminò la squadra di Ferguson al disastro di De Gea sono passati 14 anni e si vedono tutti.

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