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Renato Gaúcho, l'eroe del Gremio

Renato Gaúcho, l'eroe del Gremio

La squadra allenata dall'ex giocatore della Roma ha conquistato la Copa Libertadores in finale sul Lanus, trofeo che Renato con il Gremio aveva già alzato da giocatore...

Stefano Olivari

30.11.2017 15:04

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L’immagine che abbiamo di Renato Portaluppi, in Brasile noto a tutti come Renato Gaúcho, è sempre quella del trascinante viveur che nell’estate 1988 arrivò dal Flamengo alla Roma di Viola pagato 3 miliardi di lire, rilasciando memorabili interviste (al Guerino dichiarò che non gli piaceva usare il preservativo) ma lasciando sul campo tracce inferiori a quelle che la sua classe gli avrebbe consentito. Un po’ come il connazionale Andrade, anche lui dal Flamengo e anche lui ottimo giocatore, di sicuro un po’ usurato (terzo straniero era Rudi Völler). Invece dopo che il suo Gremio ha conquistato la Copa Libertadores nella casa del Lanus, la Fortaleza, 2-1 dopo la vittoria 1-0 a Porto Alegre, è diventato il primo brasiliano (non il primo allenatore in assoluto) ad alzare il trofeo più ambito del Sudamerica sia da giocatore sia da allenatore.

Impresa storica anche perché Renato, purissimo figlio dello stato di Rio Grande do Sul (è nato a Guaporé nel 1962), a Porto Alegre è una divinità: lo è stato da giocatore, conquistando con il Gremio non solo la Libertadores 1983 come attaccante di destra, ma anche la vecchia Coppa Intercontinentale (suoi entrambi i gol nel 2-1 all’Amburgo di Happel) prima che la sua carriera si sviluppasse soprattutto a Rio, lo è da allenatore: quella attuale è la sua terza incarnazione alla guida del Gremio, decisamente la più fortunata. E non è un caso che in Brasile si parli di lui come possibile successore di Tite sulla panchina della Selecão, dopo il Mondiale russo, per prendere da tecnico quei treni che non ha preso come giocatore: Telé Santana lo avrebbe convocato per il Mondiale 1986, ma cambiò idea dopo fughe da ritiri e situazioni tipo Margheritoni, mentre Lazaroni lo chiamò per Italia ’90 ma senza mai davvero dargli fiducia.

Tornando all’attualità, nella finale di ritorno Fernandinho e Luan hanno chiuso il discorso già nel primo tempo, con la collaborazione della difesa argentina. E il gol di Luan sembra fatto apposta per renderlo uomo mercato e a gennaio, la più disperata fra le ricche d’Europa potrebbe puntare su di lui senza stare troppo a trattare. Non è certo uno sconosciuto, visto che nella nazionale oro a Rio giocava alle spalle di Neymar in un attacco davvero di… attaccanti, con Gabigol sulla destra e Gabriel Jesus a sinistra, e nel mercato attuale può tranquillamente costare 60 milioni di euro. Difficile invece che arrivi in Europa Marcelo Grohe, il portiere che del Gremio è l’architrave insieme al completissimo Arthur, centrale dalla regia illuminata, e a Ramiro, centrocampista di sostanza che Renato ha adattato nella destra dell’attacco nel suo 4-2-3-1 quasi immutabile, attacco che con una prima punta migliore di Barrios o Jael produrrebbe molti più gol.

Ma è chiaro che i riflettori sono per l’allenatore: il suo Gremio, valutato per come ha giocato nella Libertadores, è una squadra molto europea che pressa alto e lo si è visto anche nella partita di Buenos Aires, con l’assatanato Lanus che di fatto non è riuscito a combinare niente. Adesso per Renato e i suoi campioni il viaggio negli Emirati Arabi per il Mondiale per club, uno degli ultimi (fissate le date dell’edizione 2018, poi si vedrà) prima della riforma di Infantino che a partire dal 2021 mira a renderlo qualcosa di atteso come il Mondiale vero, con 24 squadre in campo a giugno e cadenza quadriennale. Comunque vada, l’impresa è già stata fatta.

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