Giornale di critica e di politica sportiva fondato nel 1912

Perani e la Corea bolognese

Perani e la Corea bolognese

Redazione

19 ottobre 2017

  • Link copiato

La morte di Marino Perani, a 78 anni, è una delle rare occasioni per ricordare il Bologna campione d'Italia 1963-64, impresa oggi inconcepibile ma notevolissima già a quei tempi in cui i club delle metropoli stavano staccando gli altri grazie a logiche politiche, mediatiche e finanziarie arrivate fin quasi ai giorni nostri: lieti di essere smentiti da un Leicester City italiano, che però non si vede nemmeno all'orizzonte. Ma la scomparsa dell'ex attaccante è un'opportunità anche per mettere nella giusta prospettiva la sconfitta più famosa del calcio italiano, quella con la Corea del Nord al Mondiale del 1966, il 19 luglio all'Ayresome Park, lo stadio dove il Middlesbrough avrebbe giocato fino a metà anni Novanta. Perani, buona ala destra anche se in realtà avrebbe preferito giocare più al centro, fu infatti fra i peggiori in campo in un'Italia che non disputò affatto una brutta partita visto che per quasi un'ora la giocò in 10 per l'infortunio (prevedibile, stava già male) al ginocchio di Bulgarelli e che più volte ebbe l'occasione di segnare nella porta di Lee Chang Myung. Alcune di queste occasioni furono sciupate nella fase iniziale proprio da Perani, che era una delle tante scelte contestate di Fabbri: gran parte della stampa, Brera in testa, chiedeva infatti l'impiego di Gigi Meroni che nella sconfitta contro l'URSS a Sunderland aveva disputato comunque una buona partita, ma il c.t. preferì un giocatore più ordinato in una squadra i cui destini aveva affidato a Mazzola e Rivera. L'interista non fece una prestazione memorabile, anzi perse lui il pallone che poi Pak Doo Ik trasformò in gol con la complicità di Fogli e Albertosi, mentre Rivera diede tutto e disputò una delle sue migliori partite con la maglia azzurra. Ricordando che nei quarti di finale quella Corea sarebbe stata ad un passo dall'eliminare il Portogallo di Eusebio, in senso storico peggio di quella sconfitta sono senz'altro quella con l'Irlanda del Nord che non fece andare l'Italia al Mondiale 1958 o le prestazioni complessive a Sudafrica 2010 o Brasile 2014. Eppure per fortuna nessuno ha tirato pomodori a Lippi e Prandelli, o ai troppi membri della commissione tecnica che guidava gli azzurri nel 1958 (i più influenti erano l'allora presidente di Lega Pasquale e Alfredo Foni).  Quello che ancora adesso rende la Corea unica è che per tutte le altre disfatte le polemiche, con retroscena tirati fuori un secondo dopo le sconfitte, sono arrivate 'dopo', mentre in Inghilterra l'ambiente era già pessimo a prescindere dai risultati e quella fu quindi una sconfitta che molti aspettavano, per non dire auspicavano. Molti giocatori detestavano Salvadore (e infatti a Middlesbrough vicino a Guarneri fu imposto Fogli, con gli interisti che non perdonavano al c.t. il mancato impiego di Picchi), nessuno si sentiva sicuro del posto al punto che in tre partite Fabbri impiegò quasi tutti i 22 convocati, tranne Juliano, Rizzo e  i due portieri di riserva Anzolin e Pizzaballa, lo stesso modulo tattico fu un orrendo ibrido fra le idee del c.t. ed il caro vecchio catenaccio. Ciliegine su una cattiva torta l'avere portato il Gigi Riva ventiduenne soltanto come turista e Fabbri che per molto tempo ritenne di essere stato vittima di una congiura interna alla FIGC, accusando il medico azzurro Fini di non aver fatto il suo dovere e provando a convincere i giocatori a seguirlo in questa battaglia. In questo quadro di veleni e di giornalisti che ai tempi davvero influivano sulle formazioni bisogna però anche ricordare che quella fu una partita davvero sfortunata e che Marino Perani, ottimo giocatore con un'ottima carriera quasi tutta nel Bologna, ebbe almeno tre grosse occasioni per portare l'Italia in vantaggio. In campo internazionale Albertosi, Facchetti, Mazzola e Rivera avrebbero avuto l'occasione per riscattarsi, ma i 'bolognesi' (Perani, Fogli, Janich, Pascutti che aveva giocato contro l'URSS, e di fatto anche un fuoriclasse come Bulgarelli che dopo Middlesbrough giocò in azzurro solo due volte), ritenuti l'emblema del fabbrismo, avrebbero pagato la Corea per tutti.

Condividi

  • Link copiato

Commenti

Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi