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Il fair play nell'era di Mbappè

Il fair play nell'era di Mbappè

Redazione

01.09.2017 ( Aggiornata il 01.09.2017 11:52 )

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Il trasferimento di Kylian Mbappè dal Monaco al Paris-Saint Germain ha dimostrato una volta di più che il fair play finanziario dell'UEFA è diventato una barzelletta: il diciottenne attaccante arriva infatti ufficialmente in prestito fino al prossimo giugno, ma con l'opzione del PSG di riscattarlo per 180 milioni di euro circa. Insomma, visto che il riscatto diventa un diritto e non più un obbligo l'ostacolo dovrebbe essere stato aggirato, rimandando l'esborso a un'estate in cui non si dovrà prendere un altro Neymar. Con questo escamotage, parente stretto di una presa in giro, il club guidato da Nasser Al-Khelaifi ha evitato di diventare quello con il costo della rosa più alto al mondo, primato in stridente contrasto con un palmares internazionale inferiore a quello dell'Aston Villa, del Goteborg, della Fiorentina. Secondo la classifica stilata dal sito specializzato Transfermarkt il club con il costo più alto della rosa, intendendo per costo il prezzo storico di acquisto del cartellino e non gli ingaggi (che seguono una proporzionalità diretta, ma sono comunque un'altra cosa), è il Manchester City con 747 milioni di euro, seguito dal Manchester United con 731 e poi appunto da PSG con 655. Rimandiamo al link per la classifica completa, che non è soltanto un giochino contabile ma indica abbastanza chiaramente chi lavora meglio di altri, in rapporto ai mezzi a disposizione. Il Real Madrid, che nelle ultime stagioni qualcosa ha vinto, è infatti sesto con 472 milioni di euro, di soli 10 davanti alla Juventus settima e dietro al Barcellona (521) e Chelsea (511). La seconda delle italiane è il Milan, tredicesimo totale a quota 255 milioni, la terza l'Inter (quindicesima a 219), poi Napoli (sedicesimo a 216) e Roma (diciannovesima a 197). In altre parole, nonostante il disfattismo cosmico che ormai è un genere giornalistico a parte, in Italia si sono conservate potenzialità di spesa notevolissime: niente che consenta il colpo alla Neymar, figlio anche di logiche politiche che dovrebbero preoccuparci, ma di sicuro una situazione buona. Al di là del fatto che l'arma letale per ridare equilibrio sportivo al calcio e favorire l'emergere di Leicester City da Champions non sarebbe un tetto alle spese per i cartellini, perché tranne rari casi i soldi rimangono nel sistema, ma quello agli ingaggi. Il mitico salary cap, che in Europa chiaramente presenta difficoltà di vario tipo (fiscalità diversa fra i paesi, per non dire di differenti rischi per chi paga in nero), consentirebbe davvero il successo di nuove realtà. Perché il fair play finanziario, almeno formale, va benissimo a chi vuole mantenere i rapporti di forza attuali.

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