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La dignità di Orrico

La dignità di Orrico

Redazione

08.08.2017 ( Aggiornata il 08.08.2017 10:20 )

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In Italia le dimissioni sono una vera rarità, per un allenatore di calcio anche di più visto che il fare da capro espiatorio per i fallimenti è indennizzato con mesi e in certi casi anni di vacanza pagata e la cosa in fondo va bene a tutti. Per questo l'8 agosto 1980 fece scalpore, nonostante riguardasse una squadra di serie B, la fuga di Corrado Orrico dal ritiro del Vicenza all'epoca presieduto da Giussy Farina. Un Vicenza reduce dai fasti dell'era di Paolo Rossi, conclusa con la retrocessione in B dell'anno prima, e da un buon campionato in B sotto la guida di Renzo Ulivieri, con il ritorno in serie A sfiorato. Farina scelse il quarantenne emergente Orrico, che si era fatto un grande nome in C2 con la Carrarese (fu lì che inventò la famosa 'gabbia') ma che aveva fallito la sua prima grande chance in A con l'Udinese, anche in questo caso dimettendosi, così come si sarebbe dimesso da allenatore dell'Inter 11 stagioni più tardi. Grandi progetti, grandi discorsi, ma all'atto pratico Farina più che di rilanciare il Vicenza aveva in mente di vendere il vendibile per pagare i debiti (circa 5 miliardi di lire, la metà dovuti proprio alla comproprietà di Rossi 'vinta' alle buste con Boniperti nell'estate 1978), per poi buttarsi in un'avventura ancora più grande (sarebbe stata il Milan). Orrico si trovò così ad allenare una squadra dal mercato sempre aperto, soprattutto in uscita: Zanone, Miani, Sanguin, Manzo, Redeghieri, Maruzzo. L'ipotesi, fondata, di una partenza anche di Luciano Marangon, che poi sarebbe andato al Napoli, fece capire ad Orrico che era stato messo lì soltanto per fare da schermo, con il suo essere personaggio, a un semi-smantellamento. La curiosità è che Orrico con Farina non aveva alcun contratto, ma aveva già iniziato ad allenare il Vicenza sulla base di una stretta di mano, quindi le dimissioni non furono seguite da alcun tipo di buonuscita ma soltanto dalle parole orgogliose dell'allenatore toscano: "Con le logiche del professionismo ho chiuso. Per fortuna non ho bisogno del calcio per mangiare". Orrico lasciò così all'alba il ritiro di Arcugnano, nell'albergo di Marino Basso (il campione dl mondo di ciclismo a Gap 1972, con quel memorabile guizzo che aveva beffato Bitossi), per fare ritorno a casa. La squadra fu affidata a Giulio Savoini, ma andò subito male e così venne chiamato Corrado Viciani, profeta forse più compreso di Orrico (il suo gioco corto nell'Italia dei primi anni Settanta fu indubbiamente un'innovazione). La stagione, segnata anche dall'addio di Farina a gennaio e dalla patata bollente scaricata al figlio Francesco, terminò con la retrocessione in C1. E Orrico avrebbe continuato a girare a testa alta, cosa che non tutti i colleghi potevano e possono fare.

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