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Le idee di Herberger e Tabarez

Le idee di Herberger e Tabarez

Redazione

24.03.2017 ( Aggiornata il 24.03.2017 08:23 )

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Oscar Washington Tabarez non ha certo festeggiato nel mondo migliore il suo record mondiale di presenze sulle panchine di una singola nazionale: a Montevideo il Brasile ha reagito bene al rigore segnato da Cavani e poi è dilagato con la tripletta di Paulinho e il gol di Neymar. L'Uruguay rimane comunque secondo nel girone di qualificazione sudamericano e per Tabarez il quarto Mondiale sulla panchina della sua nazionale è quasi una certezza. Il suo impressionante record, 168 volte alla guida di una delle nazionali più gloriose del pianeta, è però per noi un mero pretesto per ricordare l'uomo che ha superato, cioè Sepp Herberger. Che allenò la Germania dal 1936 al 1945 e dopo la fine della guerra la Germania Ovest dal 1950 al 1964: in pratica dal nazismo fino quasi alla televisione a colori, passando per l'esaltante Germania della ricostruzione economica e morale. Va detto che il nazismo nella sua carriera non era sullo sfondo, come si usa dire anche a proposito di altri regimi per dimostrare che il calcio non c'entra con la politica (e invece c'entra tantissimo, diversamente non muoverebbe le masse), ma fu decisivo: dopo la fine della sua carriera, da discreto attaccante, era diventato assistente del commissario tecnico della nazionale Otto Nerz, cioè l'uomo che aveva portato il calcio moderno in Germania, copiando dichiaratamente il Wunderteam austriaco di Hugo Meisl. Nerz non veniva dal calcio giocato, era un medico ma soprattutto un nazista della primissima ora, da ben prima che Hitler emergesse: comunque diventò allenatore della Germania in tempi non ancora sospetti, nel 1926, scelto personalmente dal presidente della DFB Felix Linnemann. Herberger prese invece la tessera del partito soltanto nel 1933, per puro opportunismo, quando già collaborava con Nerz. E da assistente partecipò alla spedizione al Mondiale italiano del 1934: vittorie con Belgio e Svezia, sconfitta in semifinale con la Cecoslovacchia e terzo posto guadagnato ai danni dell'Austria. L'oro ai Giochi di Berlino era quindi considerato obbligatorio, ma l'eliminazione da parte della Norvegia fece precipitare la situazione. Nemmeno la sincera fede nel nazionalsocialismo salvò la panchina di Nerz, che fu spedito in un ufficetto della federazione tedesca. Al suo posto Herberger, che aveva un'idea di calcio più basata sul fisico rispetto a quelle del maestro. Alla fine della guerra Herberger riuscì a dribblare tutte le accuse di compromissioni con il nazismo, giocandosi la carta della tessera presa perché obbligato a farlo: c'erano troppe persone nella sua situazione e questo gli salvò la pelle. Nerz invece fu subito arrestato dai sovietici e mandato nel campo di concentramento di Sachenhausen, nel Brandeburgo, che nel giro di pochi giorni fu riconvertito dal nazismo al comunismo stalinista e funzionò a pieno regime fino al 1950. A Sachenhausen veniva mandato un po' di tutto: non criminali di guerra (quelli erano già stati processati e giustiziati), ma semplici militari, simpatizzanti del nazismo, anti-comunisti anche non nazisti e addirittura parte delle loro famiglie, bambini compresi. Nerz fu uno dei circa 12.000 tedeschi che in quel campo morirono di fame. Herberger fu abile a defilarsi, dopo il 1945, stabilendosi a Colonia e vivendo in sostanza di espedienti perché una nazionale tedesca non esisteva e non sarebbe esistita fino al 1950. Quando la Germania Ovest nacque, in un'amichevole contro la Svizzera a Stoccarda che fece epoca (120.000 spettatori), il prescelto per portarla in alto fu lui, che in un quadriennio arrivò al Miracolo di Berna ed in seguito sarebbe stato venerato come un santone fino a quando dieci anni dopo la panchina della Germania Ovest divenne di Helmut Schon. Non è stato certo un gerarca nazista, come qualcuno lo ha dipinto quando c'è stato da inserirlo nelle varie hall of fame, ma di certo le sue idee politiche non erano simili a quelle di Tabarez: comunque Herberger fu più nazionalista, non solo per scopi motivazionali, dopo la guerra che prima.

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