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Xabi Alonso il più amato dagli allenatori

Xabi Alonso il più amato dagli allenatori

Redazione

10.03.2017 ( Aggiornata il 10.03.2017 11:37 )

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Ci sono campioni che per chi li guida sono un problema, sia tattico sia soprattutto umano perché quasi tutti gli allenatori amano atteggiarsi a guru e ammettono a fatica che la loro fortuna è data quasi sempre dal contesto societario in cui capitano. Pur essendo un campione, Xabi Alonso è invece sempre stato amatissimo dai suoi allenatori, da Toshack che lo nominò giovanissimo capitano della amata Real Sociedad ad Ancelotti che lo ha apprezzato al Real Madrid e lo apprezza al Bayern Monaco, passando per Benitez, Aragones e Del Bosque. Parliamo di lui perché ieri ha annunciato il suo ritiro il prossimo giugno, a prescindere da come andrà a finire la stagione: magari, lui lo spera di certo dopo le due grandi prove contro l'Arsenal, con la terza Champions League con tre squadre diverse. A 34 anni e mezzo, quindi 'presto' visti gli standard di oggi e certe carriere interminabili con tempi supplementari in capo al mondo a raccattare gli ultimi soldi. Campione del mondo e d'Europa con la Spagna, una Champions League con il Liverpool e una con il Real Madrid, più varie altre cose in Spagna, Inghilterra e Germania, Xabi Alonso è riuscito a distnguersi all'interno della generazione d'oro del calcio spagnolo pur non facendo parte del Real (ci è andato a 28 anni, da giocatore ormai affermato) o del Barcellona come i quasi coetanei Casillas, Xavi e Villa o i più giovani Iniesta, Sergio Ramos, Piqué, Busquets, Fabregas o il più anziano Puyol. Soltanto David Silva e Fernando Torres, oltre a lui, sono diventati giocatori importanti della nazionale vincitutto pur non facendo parte dei due blocchi. Sarà ricordato anche per un stile particolarissimo, che lo ha reso credibile come centrocampista di rottura davanti alla difesa, come regista e anche come rifinitore. A noi ha sempre ricordato l'Ancelotti giovane, ma forte anche di testa e con una maggiore confidenza nei confronti del gol. Duro, a volte durissimo, nei contrasti (anche se il fallo più famoso della sua carriera lo ha visto nei panni della vittima, ci riferiamo ovviamente all'incredibile colpo preso da De Jong nella finale mondiale 2010), un leader senza la necessità di essere personaggio. Essere stato nella generazione dei fenomeni ha arricciato il suo palmares ma lo farà sottovalutare nella storia del calcio.

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