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GS Nostalgia / Cerilli: "Che squadra il "Real Vicenza"! E sul Totonero..."

GS Nostalgia / Cerilli: "Che squadra il "Real Vicenza"! E sul Totonero..."

Redazione

20.12.2016 ( Aggiornata il 20.12.2016 20:08 )

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Seconda puntata della nuova rubrica GS Nostalgia, in cui ogni settimana proporremo un’intervista ad un ex protagonista del calcio italiano di ieri: troverete tanti campioni acclamati dalle folle, ma non solo. Come aprire il baule dei ricordi e trovarvi dentro anche chi ha avuto meno fortuna, ha sfiorato la gloria o l’ha vissuta in modo effimero. Buona lettura!

Franco Cerilli, veneziano di Chioggia classe 1953, è stato un trequartista di talento che ha vissuto i suoi migliori momenti nel leggendario Vicenza a fine anni Settanta. Una carriera ricca di alti e bassi, dissidi con i propri allenatori che spesso non lo "vedevano" ma anche le cicatrici del Calcioscommesse. Cerilli non si è sottratto perfino alle domande più scomode.

Franco, parlaci dei tuoi esordi nel Clodia Sottomarina, società all'epoca appena nata.

"Sono cresciuto nel Sottomarina. Feci parte delle giovanili, giocando con gli allievi e la squadra juniores arrivando poi alla prima squadra a 16 anni in C. Poi ci fu la fusione tra Clodia e Sottomarina".

Il club in cui iniziasti a giocare è stato sciolto nel 2011. Oggi esiste ancora un altro sodalizio chiamato Clodiense. Quanta amarezza per come sono andate le cose?

"Grande dispiacere soprattutto per i tifosi, tanti di loro in seguito si allontanarono dal calcio. Fa male che, nel sesto comune del Veneto, le cose siano andate così. Per il futuro del calcio a Chioggia, in questo momento, non intravedo purtroppo alcuno spiraglio".

Sali di un gradino e arrivi in C, alla Massese. Ci racconti un aneddoto su come l'Inter ti scovò?

"Alla Massese sarò sempre grato, per avermi lanciato nel calcio. Ebbi contrasti con il ds Dal Cin (allora ad inizio carriera) a Chioggia e mi mandò via, ma alla fine alla Massese riuscii a mettermi in mostra. Venivano a vedermi diversi osservatori delle squadre di A, tra cui l'interista Cappelli. Poi, i coniugi Fraizzoli rimasero ben impressionati dopo un'amichevole che giocai contro il Genoa e, grazie alla mia buona annata, venni scelto dall'Inter".

Arrivasti a Milano a 21 anni, due stagioni incolori. Cosa non andò per il verso giusto?

"Cosa non andò lo scoprii anni dopo...Luisito Suarez, come osservatore del Genoa, mi aveva bocciato. Ma l'anno seguente, quando lui arrivò sulla panchina dell'Inter, mi ritrovò a Milano...feci un gran debutto contro la Lazio, la stampa mi osannò. Poi Suarez mi impiegò fuori ruolo nel derby, da ala sinistra opposto a Sabadini. Perdemmo 3-0, giocai ovviamente male e da quel momento in poi vidi poco il campo in quella prima stagione e pure l'anno dopo, con Chiappella allenatore, che preferiva giocatori più esperti. Imparai tantissimo da quei grandi giocatori, Facchetti, Mazzola, ecc. Non fui molto fortunato con le scelte degli allenatori, che mi diedero poca fiducia".

Eccoti al Lanerossi e subito la promozione in A. Come vivesti il prestito al Monza, dopo un campionato ad alto livello?

"L'Inter mi mandò in prestito a Vicenza. Subito la promozione! Venni richiamato da Milano, ma con la scusa di tenermi sotto osservazione mi inviarono al Monza, sempre in B. Con Magni giocai di nuovo in un ruolo non mio, ala destra con il numero 7 sulle spalle. Io ero un trequartista!".

Il famoso “Real Vicenza”: in tre campionati passò dalla B al 2°posto e poi alla retrocessione. Un'incompiuta?

"Quella squadra, innanzitutto, difettava nei ricambi anche dal punto di vista qualitativo. Giocavano quasi sempre gli stessi undici. Poi, il grande errore del presidente Farina: la Juventus (se non ricordo male) gli offrì Virdis, Fanna, Tavola e contanti per avere Rossi. Lui incredibilmente non accettò, sparando in busta quella cifra assurda per tenersi Rossi. Da lì, cominciò la fine. Tre anni comunque bellissimi, e poi quella squadra viene ricordata ancora oggi".

Franco Cerilli, in quel momento d'oro del boom di Paolo Rossi, avrebbe meritato l'azzurro?

"Forse l'avrei meritato, anche per via dell'intesa con Rossi, sapevo come si muoveva, in fondo molti palloni glieli davo io. Però con gente davanti come Causio, Bearzot che credeva nel blocco juventino ed in quello torinista, non era semplice entrare ed andare al Mondiale d'Argentina. Un po' di rammarico, ma va bene così".

Le vicende del Lanerossi ed il passaggio a Pescara, a 26 anni, ti fecero pensare di aver perso il treno giusto?

"Venni acquistato dal Pescara perché inizialmente avrei dovuto sostituire Bruno Nobili, miglior giocatore e capitano di quella squadra. La piazza insorse ed il beniamino di casa rimase. Alla prima giornata del campionato 1979-80 contro l'Inter non dovevo inizialmente giocare. Carosi, tecnico della Fiorentina, mi voleva in viola. Ma insistetti per giocare contro la mia ex squadra, per un senso di rivincita (convincendo Angelillo), ma ciò fece saltare il passaggio alla Fiorentina. All'epoca, infatti, un giocatore non poteva vestire la maglia di due squadre della medesima categoria nella stessa stagione. Per quel moto d'orgoglio persi una bella occasione".

Il triennio a Padova ti fa ricordare tra i tifosi patavini come uno dei migliori giocatori. Raccontaci la tua esperienza.

"Andai a Padova, sebbene in C1, ma comunque mi riavvicinai a casa. Il primo torneo fu discreto, nel secondo ottenemmo la promozione in B. Il club aveva un ottimo progetto ed io riuscii a giocare bene e a farmi ben volere dai tifosi. Un giornalista de “Il Mattino di Padova”, Gianadolfo Trivellato, mi soprannominò “Mastro Cerilli”, un appellativo a cui sono rimasto molto affezionato. Poi, nella Serie B 1983-84, si alternarono in panchina Sereni, Agroppi e Rambone. Arrivammo quinti: a fine campionato ero in scadenza di contratto. Successe un'altra bella storia...fui chiamato nella casa di Tombolo del presidente Pilotto insieme al ds Vitali. Mi chiesero:”Confermeresti Rambone per l'anno prossimo?” e io risposi di no. Eravamo in confidenza...Rambone restò a Padova e a me non rinnovarono il contratto".

Il ritorno a Vicenza ti lega a due promozioni di fila ed allo scandalo Totonero-bis, che chiuse la tua carriera.

"Mi ritengo una persona pulita, che non ha mai venduto una partita. Ma sapevo delle cose. Parlai con l'avvocato vicentino Dal Lago. Il Lanerossi venne a conoscenza di ciò e mi convocò in sede. Mi proposero di affidarmi al loro legale, Vittorio Chiusano, famoso per il suo legame con la Juventus. Per il mio silenzio, conoscendo il rischio-squalifica, chiesi un contratto lungo e sostanzioso per tutelarmi, come suggerito da Dal Lago. Me lo accordarono. Ma chiesi di averne una copia e si stizzirono per la mia mancanza di fiducia: rinunciai a fotocopiarlo. Quel contratto, ovviamente, sparì. E io venni squalificato per 5 anni, chiudendo la mia carriera. Venni fregato due volte, perché non beccai una lira di ciò che era stato pattuito. Mi rivolsi poi ad un altro avvocato, ma era ormai troppo tardi. Ho pagato a caro prezzo quella storia ma, ripeto, mi ritengo pulito. Avrei da raccontare tanti aneddoti, ma per rispetto di persone che non ci sono più e del fatto che non si possano più difendere, chiudo così".

Dopo lo scandalo, quali conseguenze hai vissuto sulla tua pelle?

"Non fu un bel periodo per me. Ho perduto parecchi amici, ma sapete chi non mi ha mai abbandonato? I miei compagni del “Real Vicenza” ed i tanti rapporti umani al di fuori del calcio".

Di cosa ti sei occupato nel dopo calcio?

"Ho avuto il piacere di essere chiamato nel Club Italia con la Nazionale Over 40 (con tanti ex campioni del mondo 1982 e la vittoria nel Mundialito Master 1993, ndr) per giocare diverse partite: penso che se mi avessero reputato una persona da evitare non mi avrebbero mai chiamato, no? Ho fatto l'allenatore nei dilettanti, vicino a casa. Ho frequentato il Supercorso a Coverciano, ma vedevo che andavano avanti solo quelli che avevano qualche raccomandazione...".

Descrivici il Cerilli allenatore.

"Mi reputo un bravo allenatore, credo di applicare un calcio tecnico e che cura la parte psicologica. Ho vinto alcuni campionati di Prima Categoria e, finora, non sono mai retrocesso. Sono una persona che cerca di mantenere un buon rapporto umano con i suoi giocatori, e ciò che ho seminato con diversi miei ragazzi ora lo ricevo in cambio: con grande piacere".

Come vanno le cose sulla panchina del S.Precario?

"Tutto è iniziato con una telefonata. Poi, il fatto che la squadra gioca le partite casalinghe all'Appiani (stadio a me caro) mi ha convinto a dire sì. Ho ricevuto buone critiche su come giochiamo, i risultati sono positivi e lavoro insieme a dei ragazzi che hanno voglia".

Il Cerilli fuori dal campo, tra vita privata e futuro.

"Vivo con mia moglie, ho una figlia che mi ha regalato due splendide nipotine. Ho una vita privata felicissima, sono in pensione. Seguo il calcio ma ormai con un po' di distacco: non capisco come dei privilegiati possano parlare di stress e depressione...è diventato un calcio senza valori e, per certi versi, immorale".

Fabio Ornano

@fabio_ornano

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