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Cesare Maldini (1932-2016)

Cesare Maldini (1932-2016)

Redazione

03.04.2016 ( Aggiornata il 03.04.2016 11:16 )

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È un peccato che la maggior parte di noi non abbia visto dal vivo il Cesare Maldini giocatore. A detta di chi c'era e ce lo ha raccontato si trattava di un difensore in tutto e per tutto paragonabile al figlio Paolo, al netto del modulo imperante negli anni Cinquanta e Sessanta, anche se forse meno deciso: fra l'altro con la stessa evoluzione di Paolo, pur non esistendo nella sua storia (inizi con la Triestina, nella sua città, Triestina di cui fu giovanissimo capitano) la difesa a quattro, terminando la carriera in sostanza nel ruolo di libero. È proprio in questa posizione, in mezzo a David e Trebbi, che il 22 maggio 1963 a Wembley vinse da capitano del Milan la prima Coppa dei Campioni di una squadra italiana, in finale sul Benfica di Eusebio. Poca fortuna invece in Nazionale, in un periodo in ogni caso depresso per la squadra azzurra, con poche presenze e poco impatto: avventura che per lui si concluse con la spedizione mondiale in Cile nel 1962. Con l'Italia avrebbe fatto nettamente meglio come allenatore, dopo un inizio di carriera con il Milan che avrebbe dato un altro tono alla sua carriera senza la cosiddetta 'fatal Verona' del 1973, con Rocco direttore tecnico. Lui e Trapattoni nello stesso periodo e con la stessa ideologia calcistica di fondo si sono trovati nella stessa posizione di ragazzi di bottega di Rocco: poi i casi della vita e probabilmente una maggiore 'fame' da parte del Trap hanno indirizzato uno verso una carriera prevalentemente di club e l'altro verso una vita federale dopo qualche esperienza extra-Milan andata male. Con la gemma del Mondiale 1982, come vice di Bearzot, e l'occasione persa di Francia '98, da capo allenatore: la sconfitta ai rigori contro la Francia padrona di casa e poi campione del mondo è di quelle che fanno ancora male e non soltanto per quel tiro di Baggio andato a un millimetro dal palo. Però tutti sanno cosa ha fatto Cesare Maldini come allenatore, dai tre Europei vinti con l'Under 21 a tutto il resto (anche uno sfortunato Mondiale 2002 con il Paraguay, a 70 anni), mentre secondo noi non è mai stato abbastanza sottolineato il suo essere uomo di altri tempi, nel senso migliore dell'espressione, anche in 'questi' tempi. Non era un caposcuola e nemmeno uno cha abbia mai mostrato calcio champagne, il dolore per la scomparsa non deve stravolgere la realtà, ma piuttosto un allenatore che aveva l'intelligente approccio dell'ex calciatore: discorsi diretti e soprattutto individuali con i giocatori, perché nessuno è uguale all'altro, rispetto (anche troppo) per gli avversari al punto di preparare le partite su di loro anche quando i valori tecnici erano a favore delle sue squadre, estraneità alla convenienza mediatica e a qualsiasi criterio estetico. Molto rispettato da Berlusconi anche se rispetto al Milan di Berlusconi (dove in diverse vesti ha lavorato, come allenatore, osservatore e dirigente) era un marziano, ha avuto, vista dall'esterno, una splendida vita anche guardando al privato. Triestino trasformatosi in milanese, abitudinario senza vergogna (impossibile tenere il conto dei pranzi nello storico Assassino, uno dei locali dove i giornalisti trovavano le notizie), ha dimostrato che si può essere una persona seria e di successo anche senza arroganza.

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