Non lasceremo passare in sordina la sua decisione di addio. In ventuno anni la gente si sposa, fa figli, cambia lavoro, getta - volente o nolente - frammenti di vita per collezionarne di nuovi. Nello stesso lasso di tempo,
Raúl González Blanco si è manifestato al mondo ed è entrato nelle immagini storiche dei tifosi di una grande società, il
Real Madrid, documentando con il giusto mix tra eleganza e concretezza che gli ha pra
ticamente fatto da spalla per l'intera carriera il fatto di non essere uno dei tanti. «
Ho deciso di ritirarmi a fine stagione», si legge sul sito dei
New York Cosmos. Il prossimo novembre, per la precisione. Non rammenteremo vita calcistica, record e statistiche, sapete già tutto. Senza nulla togliere allo
Schalke, club tra l'altro che gli ha regalato l'opportunità di archiviare nella tracolla dei ricordi due stagioni straordinarie, la zuccherosa fiaba spagnola ha conosciuto il suo epilogo con i saluti al
Bernabéu, cinque anni or sono. Parte integrante di quella foltissima schiera che avrebbe meritato il Pallone d'Oro - sfiorato nel 2001, quando vinse Michael
Owen -, lo spagnolo per il Real Madrid è - utilizziamo, storpiandola, un'espressione cara agli eterni rivali del
Barcellona - "més que un jugador". Fate una passeggiata nei dintorni di Plaza de Lima e chiedete del
numero 7. Chi non soffre di sbalzi d'umore, vi parlerà con il cuore di Raúl. Non importa che Cristiano Ronaldo abbia da poco infranto il suo record di marcature, tra i due il paragone affettivo non sussiste. Ed è strano, ancora oggi, pensare ai primi calci della leggenda del Real. Due anni passati nei campetti dell'
Atlético perché così voleva papà Pedro - tifosissimo dei Colchoneros -, salvo poi allontanarsi dalle rive del Manzanarre ed emigrare a casa degli odiati cugini. Il motivo? Alcuni problemi economici costrinsero l'allora presidente Jesús Gil al ridimensionamento del settore giovanile. Mai regalo fu più gradito alla Casa Blanca. Jorge
Valdano - l
o ricordate, sì? quello che ha vinto insieme a
Maradona il Mondiale dell'86 - è tuttora una delle menti più deliziose e competenti dell'universo pallonaro. Sfogliate le pagine dei suoi scritti, ve ne accorgerete all'istante. Perché siamo finiti a parlare di uno che non è nemmeno più (ufficialmente) all'interno dello staff madridista? Per divergenze con un altro personaggio che le cose, di certo, non le manda a dire. José
Mourinho. La risposta è semplice e si leva come una sorta di piccolo testamento. L'argentino era sulla panchina del Real nel momento in cui ritenne opportuno far esordire Raúl. A 17 anni, vabè, ma è marginale ai fini del discorso. L'aspetto era mingherlino, tanti i centimetri e i chili in meno rispetto a compagni e avversari. Per molti un ostacolo insormontabile. Non per Valdano: «
La personalità del ragazzo supera il fisico». Aveva ragione. Oggi ci tocca indossare il più garbato degli abiti e salire sulla scala del successo per ringraziare uno dei più grandi spagnoli di sempre.
@damorirne