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Scirea, 26 anni dopo: storia di un uomo giusto

Scirea, 26 anni dopo: storia di un uomo giusto

Redazione

03.09.2015 ( Aggiornata il 03.09.2015 14:00 )

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Non sbiadisce l'immagine di Gaetano Scirea. Abbaglia gli occhi di tutti i nostalgici e piega il volere di quel destino oscuro che 26 anni fa ne ha ordinato la fuga. Nessuno ha il coraggio di scalfirla, perché forte è il pensiero dell'uomo libero nei ricordi di chi vive. E fortunatamente l'eleganza dei buoni, quella che piace a noi, d'animo - priva di materialismo - trova il giusto posto nella vita terrena. Che è effimera, a volte vana o irragionevole, dubbiosa o scorretta, ma quanto mai tenera e straziante quando si tenta di forzare il cassetto della memoria. Gaetano Scirea era il numero 6, era l'asse portante di una civiltà che si manifesta sempre più anacronistica e illusoria nel calcio dei giorni nostri. La sua storia a Torino ebbe inizio (a 21 anni) davanti a un piatto di cassoeula, al riparo dai caldi e ingombranti telefonini dei procuratori e insieme alla famiglia. L'allora dirigente dell'Atalanta, Giuseppe Brolis, nel bel mezzo del pasto comunicò ai genitori di averlo ceduto alla Juventus. Da allora mai un cartellino rosso sventolato in faccia - oggi non riesci nemmeno se ti ci metti d'impegno -, solo sanzioni per il troppo garbo, per non aver mai proferito parole scomode e banali, stimato e amato da tutti, avversari compresi. Le qualità in mezzo al campo avrebbero potuto elevarlo a divo, ma a quei tempi non andava così, anzi. Viso angelico e pacato, timido e pulito, che però non tradiva nel corso delle partite. Ha fatto in tempo a lasciare il proprio nome agli almanacchi delle vittorie di una Coppa dei Campioni e di un Mondiale, sogni e miraggi di un bambino che si appresta nel caldo domestico ad apparecchiare un futuro da calciatore, non ha fatto in tempo a sedersi da capo mister sulla panchina della Juventus, e chissà che tipo sarebbe stato. È andato via in Polonia, nel modo più orribile, richiamato dal fuoco, elemento primordiale, come primordiale è stato l'esempio che ha donato in beneficenza alle generazioni future. Se anche oggi ricordiamo Gaetano, c'è un perché. @damorirne

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