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Il mercato della Juventus ai tempi di Moggi

Il mercato della Juventus ai tempi di Moggi

Redazione

20.08.2015 ( Aggiornata il 20.08.2015 12:08 )

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Nel 2015 esiste ancora qualcuno che si chiede come mai la famiglia Agnelli, o la parte di essa che davvero decide le sorti del gruppo, abbia usato l'occasione di Calciopoli per accompagnare Luciano Moggi alla porta della Juventus, in direzione dell'uscita. Lo si capisce dal tenore di certi commenti in canottiera, magari supportati da giornalisti in cerca di favori spesso miserabili (una maglia autografata, un biglietto omaggio, una parola buona con il direttore) ieri, oggi e domani. Per questo sarà istruttiva la lettura del libro che Marc Roger ha appena pubblicato in Francia, intitolato 'Transferts' (editore L'Archipel) e dove il modo di portare avanti le trattative di calciomercato (non soltanto di Moggi, quindi, visto che gli vendono dedicate poche righe) viene spiegato nei suoi dettagli più scabrosi e per certi aspetti divertenti. Racconti che non vanno presi in maniera acritica: Roger è stato un grande procuratore (Zidane, Henry, Vieira, Anelka: in un certo periodo ebbe in mano tutta la nazionale francese) e mediatore (sua la trattativa fra Inter e Real Madrid per Ronaldo), soprattutto agli inizi degli anni Duemila, ma con scrupoli molto al di sotto della media già bassa del settore e con la carriera stroncata da una condanna a due anni di carcere per falso in bilancio (in Svizzera pare sia una reato) quando ha voluto gestire in prima persona una squadra un club (il Servette, di cui per un anno è stato presidente) invece che stare dietro le quinte. Insomma, uno che parla lo stesso linguaggio di Moggi visto che conosce il calcio anche nelle sue pieghe mai raccontate. Ordinato all'istante il libro su Kindle nell'edizione francese, presto ne pubblicheremo una recensione ma per adesso ci siamo concentrati sul nostro orticello, sorvolando sulle storie di escort e concentrandoci sul calciomercato. Nel sesto capitolo il racconto della trattativa per Zidane è notevole, ricordando sempre (ci biscardizziamo) che questa è la versione di Roger. Nel 2001 arriva il momento di vendere il fuoriclasse, al massimo del suo valore di mercato, al Real Madrid che già da tempo lo chiede offrendo una cifra che in euro sarebbe stata 75 milioni di oggi. Il grande problema di Moggi è come far uscire una commissione, visto che essendo direttore generale della Juventus quello di vendere un giocatore della Juventus al miglior prezzo possibile sarebbe già il suo lavoro e già lautamente retribuito. La soluzione è semplicissima: Moggi ingaggia suo figlio Alessandro come consulente per l'operazione e il Real viene convinto (presumibilmente da Roger, che ha già preparato il terreno) a fare una prima offerta da 68 milioni che la Juventus, cioè Moggi padre, rifiuta ritenendola troppo bassa. A questo punto Florentino Perez, nel pieno della sua prima presidenza galactica, manda un'offerta da 75 milioni e la Juventus, cioè sempre Moggi accetta. La commissione sui 7 milioni di differenza, così come sul resto, sarà dei Moggi: Roger la quantifica in 12 milioni totali, ma ci sembra una cifra esagerata (una commissione di oltre il 20%!) anche per gli standard dell'epoca. Il meccanismo della doppia offerta non aveva quindi tanto una ragione finanziaria, ma quella di 'far vedere' ai padroni che la mediazione serviva e che aveva portato vantaggi anche alla Juventus. Il discutibile Roger non ce l'ha con Moggi o con la Juventus (anzi, dalle sue parole il club più scorretto d'Europa risulta essere il Real Madrid), citati in poche righe e in riferimento a pochi episodi, il suo tono non è da giornalismo di denuncia ma da racconto divertito e divertente la sera a cena Pre questo il libro è uno spaccato interessantissimo del modo in cui sono state e vengono condotte le trattative nel grande calcio europeo, in cui Roger fu introdotto a fine anni Ottanta dall'amico Dominique Rocheteau. Poi qualcuno si offenderà lo stesso, ma se vuole leggere che la sua squadra sta lavorando bene, che c'è ottimismo, che è come una famiglia, vada da un'altra parte. Twitter @StefanoOlivari  

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