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L’impresa della Juventus e l’inizio di Allegri

L’impresa della Juventus e l’inizio di Allegri

Redazione

14.05.2015 ( Aggiornata il 14.05.2015 10:20 )

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La Juventus ha fatto saltare la finale del mondo Real Madrid-Barcellona, partita mai giocata con la Champions a bordo campo, quella che i dietrologi (noi fra questi, autodenuncia) ritenevano già apparecchiata per mille motivi, primo fra tutti l'impatto mediatico di una sfida del genere. Invece la squadra di Massimiliano Allegri ha compiuto un'impresa e per una volta il termine non è abusato: se battere la settima squadra della Bundesliga negli ottavi e la terza della Ligue1 nei quarti equivale a battere Lazio e Genoa, con tutto il rispetto, non si può dire lo stesso della squadra più ricca e famosa del mondo, che considera un fallimento qualsiasi risultato inferiore alla vittoria in Champions (purtroppo per Ancelotti e per tanti suoi illustri predecessori). Oltre al risultato il modo: due partite di grande personalità, subendo il giusto i fuoriclasse del Real ma senza barricate da calcio pre-sacchiano, per poi colpire e rischiare di colpire in più occasioni. Stiamo tentando faticosamente di dire che con questa finale contro il Barcellona non soltanto è davvero nata la Juve di Allegri, mentre quella fresca scudettata sarebbe stata 'solo' quella post-Conte, ma che la lunga marcia post-Calciopoli (ma sarebbe più corretto dire post-Elkann) è giunta al traguardo massimo possibile in tempi relativamente brevi e con un livello medio della rosa inferiore a quello della Juventus che 12 anni fa perse ai rigori la finale di Manchester contro il Milan. A parità di proprietà (del ruolo degli Agnelli nella storia politica ed economica d'Italia pensiamo il peggio possibile), non sfuggirà ai più la differenza metodologica, sportiva e anche umana fra Giraudo-Moggi e Marotta-Paratici, oltre che il cambiamento, magari non totale ma comunque apprezzabile, del contesto ambientale (dai designatori agli addetti ai lavori, mentre purtroppo i media sono rimasti sull'appecoronato andante) italiano. Per questo in Italia si può parlare di intelligente programmazione, unita alla scomparsa degli avversari, mentre in Europa stando al mitizzato fatturato la Juventus nemmeno avrebbe dovuto arrivare ai quarti. Questa è un'impresa strameritata, che non deve essere associata a quella dell'Atletico Madrid della scorsa stagione visto che la Juventus, comunque vada a finire a Berlino, è pienamente padrona del suo destino (in altre parole: nessun fondo di investimento le potrà imporre di vendere Pogba) ed ha definitivamente svoltato. E fra l'altro il fair play finanziario di Platini lavora, nel medio periodo, per chi opera nella fascia medio-alta del mercato come la Juventus (e il Bayern) e non per chi come il Real o lo stesso Barcellona ha bisogno sempre del colpo a sensazione per rimandare la resa dei conti. Conclusione? Per la Juventus di Allegri è soltanto l'inizio. È la banalità che usiamo dire dopo ogni grande successo, quando sembra che il futuro sia inevitabilmente luminoso, ma la differenza con casi analoghi è che chiunque dà la sensazione di poter essere sostituito senza traumi. Da Pirlo a Tevez, da Pogba a Morata per arrivare allo stesso Allegri, non c'è nessuno più importante della Juventus. Twitter @StefanoOlivari

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