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Novara e Reggina, ritardo all’italiana

Novara e Reggina, ritardo all’italiana

Redazione

16.04.2015 ( Aggiornata il 16.04.2015 10:42 )

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I recenti casi di Novara e Reggina non sono certo i più gravi nella storia del calcio italiano, visto che si parla di ritardi nei pagamenti e non di mancati pagamenti o altro (scommesse, sim date ad arbitri di fiducia, minacce, eccetera), ma dopo le penalizzazioni choc della Disciplinare (8 punti al Novara, quindi con una serie B adesso difficilissima da raggiungere, 12 alla Reggina e quindi con la retrocessione in serie D sicura) insegnano che in Italia è impossibile far rispettare una qualsiasi legge senza scontrarsi con la logica del 'Perché proprio noi?'. Ovviamente sono scesi in campo anche i sindaci di Novara e Reggio Calabria, con impegno degno di miglior causa viste anche le referenze di De Salvo e Foti, probabilmente qualcosa cambierà in appello la prossima settimana, ma la sostanza è che nel calcio italiano pagare con mesi di ritardo, come avviene in tanti altri settori (l'editoria, per dirne uno che conosciamo bene) dell'economia, venga ritenuto normale e addirittura necessario per la sopravvivenza delle aziende. Quanto alla giustizia sportiva lenta, criticata dagli stessi che la criticano quando è veloce, bisogna ricordare che stiamo parlando di fatti (comprese le mancate certificazioni dei versamenti Irpef) che arrivano al dicembre 2014, quindi recentissimi. Il budget programmato, una delle buone idee di Macalli, viene controllato trimestralmente dalla Co.Vi.Soc e quindi non è che la reattività possa essere immediata. Se si fossero comminate queste penalizzazioni in febbraio di sicuro De Salvo e Foti, con politici locali al seguito, avrebbero gridato alla troppa fretta e all'accanimento. Poi è chiaro che non c'è proporzione con la vicenda Parma (3 punti di penalizzazione totali nella stagione in corso), dove non è stato pagato nessuno e si sta andando avanti con la carità della Lega solo per evitare brutte figure in mondovisione. Logiche diverse in LegaPro, anche se la regola dovrebbe essere sempre una: chi non ha i soldi vada come passatempo a giocare a bocce o ai giardinetti, non pretenda di gestire un club di calcio strutturalmente in perdita. Fare il presidente di una squadra di LegaPro non è una nobile missione, da far pagare alla collettività. Twitter @StefanoOlivari

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