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Fontecchio e gli altri© Getty Images

Fontecchio e gli altri

L'Italia di Pozzecco è rimasta attaccata al Mondiale compiendo un'altra grande impresa contro la Serbia, rimontando addirittura da meno 16. Trascinatore assoluto il giocatore degli Utah Jazz...

Stefano Olivari

01.09.2023 ( Aggiornata il 01.09.2023 13:53 )

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Belgrado, Berlino, Manila: Simone Fontecchio e l’Italia si sono ribellati ad un destino che in questo Mondiale sembrava segnato ed hanno battuto la Serbia per il terzo anno consecutivo in una grande manifestazione, dopo averlo fatto nella finale del preolimpico e negli ottavi degli Europei. Impresa compiuta in una maniera eroica, dopo essere stati sotto anche di 16 punti nel terzo quarto: in quel momento, in cui davvero tutto stava andando male, Fontecchio ha giocato il cosiddetto hero basketball, che tanti allenatori del genere 'la mia filosofia di gioco' detestano ma Pozzecco no.

Ecco, dopo tanti comportamenti sbagliati o comunque sopra le righe il valore aggiunto di Pozzecco si è finalmente visto: provarci, cavalcando con sensibilità alcuni giocatori (Pajola e Datome, oltre a Fontecchio) e continuando a proteggere l’area per far prendere rimbalzi a tutti, limitando lo strapotere di Milutinov e sperando di non essere sotterrati dal tiro da tre di Bogdanovic e degli altri. Contro le squadre più forti bisogna scommettere e la scommessa pozzecchiana ha dato come esito il 22% (7 su 31) dei serbi da tre, con qualche forzatura di Bogdanovic ma anche tanti tiri aperti o ben costruiti dai serbi. 

Partita eroica anche con la connivenza dei serbi, quindi: sul 60 a 44, a 2’53” dalla fine del terzo quarto, Bogdanovic ha sbagliato l’ennesimo tiro da tre della sua partita (alla fine per lui 1 su 13, la peggior prestazione al tiro da tre della sua vita pur non avendo per il resto giocato male) e da lì è iniziato il Fontecchio show, con Pajola a fare sempre la cosa giusta e Datome a supporto. Per quegli strani incastri del basket tutto è avvenuto con Severini al posto di Melli, fino a quel momento monumentale in difesa su Milutinov, mentre meno strano è che la rimonta azzurra si nsia materializzata con fuori Spissu: grande tiratore (anche con i serbi), faccia tosta di quelle giuste, pretoriano di Pozzecco, ma a questo livello inesistente come playmaker. Ha una logica anche che la Serbia sia crollata quando il santone Pesic ha tolto in contempranea Milutinov, Stefan Jovic ed il concreto Dobric, inserendo gli anarchici Avramomic e Guduric, in una fase in cui serviva controllare, oltre ad un imbarazzante Petrusev, imbarazzante in rapporto a come gioca di solito il lungo che fra poco andrà ai Sixers.

E poi Fontecchio: per lui una prestazione che fra difesa e attacco (30 punti con 9 su 11 da due e 2 sua 4 da tre) è stata fra le migliori di sempre di un azzurro in un grande torneo, anche per il momento ed il modo in cui ha trascinato gli altri, con un crescendo da film. E stiamo parlando di un’Italia in cui alcuni giocatori decisivi sono stati insufficienti, soprattutto Polonara ma anche Ricci, mentre Tonut ha fatto il suo con una buona difesa. A dirla tutta, la differenza con altre grandi imprese della storia azzurra è stata proprio questa, la differenza fra il leader e gli altri: non è che Meneghin fosse di un pianeta diverso rispetto a Marzorati, così Myers rispetto a Fucka o Galanda rispetto a Basile, mentre Fontecchio rispetto ai compagni è davvero un'altra cosa. E adesso? Il Mondiale degli azzurri non è ancora finito e ci sono buone probabilità che non finisca nemmeno domenica mattina, dopo la partita con Porto Rico. Certo che questa vittoria 78-76 è stata da brividi, visto il diverso ambiente non al livello del preolimpico di Belgrado ma comunque già adesso di diritto, per acclamazione, fra i ricordi più belli nella storia della Nazionale. 

stefano@indiscreto.net

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