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La seconda carriera di Alessandro Gentile

Il massimo di punti in carriera ottenuto a Varese ha sottolineato la rinascita di uno dei pochi grandi talenti della pallacanestro italiana. Nuova puntata di Guerin Basket con anche gli arbitraggi natalizi NBA e l'Eurolega a 18 squadre...

Stefano Olivari

27.12.2017 13:41

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1. Non era morto, Alessandro Gentile, ma alla Virtus Bologna è di sicuro rinato e i 32 punti, massimo in carriera, segnati a Varese trascinando la sua squadra alla vittoria ne sono soltanto una sottolineatura. Una rinascita dopo una stagione assolutamente da buttare, di fatto iniziata con il triste (non solo per lui) preolimpico di Torino e proseguita con il lungo addio all’Olimpia Milano, dopo le parole post-scudetto vinto a Reggio Emilia. Un addio perfezionatosi, diciamo così, con i due mesi da comparsa al Panathinaikos e circa lo stesso periodo, sempre con poco spazio e poca sua convinzione, all’Hapoel Gerusalemme all’epoca allenato da Pianigiani. Senza entrare nel personale, una caduta figlia di strategie milanesi schizofreniche (in mezzo c’è finito anche Repesa), di un down psicologico dovuto all’assenza di buone offerte NBA, di lacune tecniche come la mancanza di un tiro da tre affidabile, di un atteggiamento da predestinato che lo porta a intristirsi se non è il leader delle squadre in cui gioca. In mezzo al disfattismo in cui la pallacanestro italiana si crogiola c’è comunque sempre un ragazzo di 25 anni che in Europa potrebbe fare la differenza.

2. L’abbuffata NBA del giorno di Natale ha avuto il suo piatto forte ovviamente nella sfida fra Warriors e Cavs, che promette di essere per la quarta stagione consecutiva anche la finale per l’anello. Al di là delle assenze di Curry, anche se tutti vedendolo allenarsi hanno sperato nel miracolo, da una parte e di Thomas dall’altra, una partita che sarà ricordata soprattutto per l’arbitraggio scadente: negli Stati Uniti una vera rarità, non per l’assenza di arbitraggi scadenti ma per quella di cultura complottistica e moviolistica. La NBA ha ufficializzato, per così dire, gli errori compiuti ai danni di LeBron James nel finale, da un Durant che oltretutto a quel punto della partita non avrebbe dovuto arrivarci. Nervosissimo come non mai, cosa strana in un campione che ha avuto finalmente il suo titolo, lo spirito natalizio e le necessità televisive gli avevano a inizio partita risparmiato il secondo tecnico e quindi l’espulsione. Situazione meritevole non di moviole, ma di una riflessione più profonda e che l’Eurolega dovrebbe fare prima di diventare una lega totalmente chiusa rispetto all’esterno. Quando l’unico obbiettivo è quello di ‘vendere’ lo spettacolo, come è logico in un’azienda privata, è chiaro che le stelle vengano protette più della classe media. Nella stessa situazione McCaw o Bell sarebbero stati spediti negli spogliatoi. Il più grande spettacolo del mondo, ma lo si diceva anche del circo.

3. A proposito di Eurolega, da almeno un mese si parla dell’allargamento a 18 squadre fin dalla prossima stagione sportiva, con calendario ancora da strutturare: un sistema a orologio, che conservi le già troppe 30 partite di stagione regolare oppure direttamente 34 partite? Il sogno di Bertomeu è quello di avere una squadra francese e una inglese, per non dire di una tedesca con un mercato superiore al Bamberg. L’Inghilterra non ha nemmeno una squadra in Eurocup, quindi tutto è futuribile, mentre il Bayern Monaco e l’Asvel Villeurbanne che ha come presidente (a distanza, visto che tuttora gioca a San Antonio) Tony Parker sono fra le migliori realtà della seconda coppa, ma legare la loro qualificazione solo ai risultati potrebbe essere, dal punto di viosta commerciale, pericoloso. Probabile che almeno uno dei due nuovi posti a tavola in Eurolega sia una wild card pura, slegata da licenze pluriennali (attualmente 11) o da qualificazioni attraverso risultati (le rimanenti 5, fra cui la vincitrice dell’Eurocup dell’anno precedente, i campioni di Germania e Lega Adriatica, le migliori piazzate di ACB e VTB dopo le già qualificate). Un precedente che apre scenari da NBA, ma con una qualità media dei giocatori nemmeno paragonabile. Quale appassionato generico di pallacanestro preferirebbe Bamberg-Olimpia a Warriors-Cavs, a meno di non essere super-tifoso di Bamberg o Olimpia? Domanda sgradevole, con risposte ancopra più sgradevoli. Perdendo l’identità e il diritto sportivo l’Europa perderà tutto. 

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