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Un nuovo Curry per i vecchi Warriors

Un nuovo Curry per i vecchi Warriors

Redazione

17.01.2017 ( Aggiornata il 17.01.2017 10:54 )

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Dopo la emozionante partita di Natale, vinta dai Cavs con una gran rimonta nel quarto quarto e il solito Irving decisivo quando la palla è pesantissima, e quella di ieri stradominata dagli Warriors con prestazioni equilibrate dei loro Big Four, non vediamo l'ora che sia giugno per goderci il terzo episodio di una rivalità che vorremmo fosse infinita ma che per molti motivi potrebbe perdere in estate qualche pezzo importante. Meglio rimanere nel presente, quindi, con il 126-91 le cui basi sono state messe già all'inizio, grazie a un Curry che ha debellato le difese speciali dei Cavs su di lui usando il metodo più semplice, cioè tenendo molto il pallone in mano e dando ritmo a tutti gli altri, aspettando poi che la partita gli regalasse spazi di tiro senza la solita ricerca ossessiva di uscite dai blocchi che quando ti mettono le mani addosso (e nei playoff accade anche di più) sono più difficili. A questa scelta fatta da Kerr, che sicuramente sarà riproposta nelle Finals (facciamo sempre i conti senza gli Spurs, squadra che davvero a Ovest può battere Golden State essendone molto diversa come principi, o l'estremismo dei Rockets di D'Antoni e Harden), si sono associati un Draymond Green relativamente sotto controllo, che è stato al limite soltanto in un flagrant foul di tipo 1 a metà campo su LeBron James, una difesa di squadra sempre convincente e che anche con Pachulia ha accettato quasi tutti i cambi (il che significa non abusare del quintetto piccolo) e, va detto, avversari senza l'energia di Natale visto che spesso quello che noi dal paesello definiamo 'stato di forma' altro non è che una situazione indotta dal calendario: dalla sconfitta di Cleveland a oggi gli Warriors hanno disputato 8 partite alla Oracle Arena, vincendone 7 e perdendone una in maniera scellerata contro i Grizzlies, e una sola in trasferta, oltretutto a Sacramento, mentre i Cavs in trasferta ne hanno giocate ben 8, perdendone 4, più 3 in casa. Non è una giustificazione tipo 'le fatiche di coppa' dei calciatori, ma senz'altro una delle spiegazioni per una disfatta che ha coinvolto gli uomini copertina (inesistente Love, forse per i soliti problemi alla schiena, sottotono Irving, non al meglio ma meglio degli altri James) e i comprimari come Korver, uno che in prospettiva dovrebbe essere decisivo. L'indicazione data da questa partita è quindi che se Curry rinuncia in parte ad essere il Curry degli anni scorsi allora per i Cavs possono essere dolori, ma detto questo è assurdo trarre conclusioni definitive. Infatti esattamente un anno i Warriors avevano battuto i Cavs di 34, segnando di fatto la fine del rapporto fra David Blatt e LeBron James e l'inizio di una nuova versione di Cleveland (con l'aggiunta di Channing Frye), con Lue allenatore, che poi avrebbe fatto la storia rimontando da 1-3 nella serie finale. Certo è che gli Warriors fedeli alla propria filosofia, con tutti disposti a penalizzare le proprie statistiche (nella NBA di solito sacre), giocano una pallacanestro di un altro pianeta.

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