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Il quintetto degli italiani in panchina

Il quintetto degli italiani in panchina

Redazione

07.11.2016 ( Aggiornata il 07.11.2016 16:12 )

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Arrivano, un po’ frammentarie, le notizie circa le decisioni prese durante l’assemblea di Lega tenutasi il 31 ottobre a Roma. La Lega pare orientata a chiedere alla FIP che la composizione delle squadre sia semplificata in un 7 stranieri più 5 italiani, dove per stranieri si intende comunitari ed extracomunitari. La formula ricalca l’attuale 3+4+5 (alternativo al 5+5), senza però vincolare il passaporto di provenienza, e lascia ai giocatori italiani 5 posti garantiti in squadra (poi vederli in campo è tutto un altro discorso). Di fatto si ammette che 5 posti per gli italiani sono sufficienti e che, per il resto della squadra, ogni società potrà andare a pescarsi i giocatori dove meglio crede (e quindi dove costano meno), eliminando quella che poteva essere una ulteriore protezione per i giocatori comunitari ma che aveva portato alla comparsa di passaporti davvero folkloristici. Niente di rivoluzionario, di nuovo, o quantomeno di curativo, in particolar modo per chi si aspettava di vedere una liberalizzazione totale al riguardo. Sempre la Lega, nel corso della stessa assemblea, ha certificato la pochezza spettacolare (ma anche tecnica) del nostro campionato, annullando l’All Star Game 2017. Una zappa sui piedi per alcuni, una decisione doverosa secondo altri, vista la mancanza di giocatori stranieri in grado di attirare spettatori e telespettatori e il poco appeal della Nazionale, bollata come perdente e orfana, in queste occasioni, di quelle che dovrebbero essere le sue punte di diamante. Lontani i tempi delle sfide Italia-Spagna, o di Oscar Schmidt che dominava la gara del tiro da 3, mentre Radja, Cooper o Sabonis vincevano il titolo di MVP, si è convenuto che non è possibile fare una partita delle stelle se le stelle non ci sono. Nel mentre, sulle squadre pende la richiesta della FIP che “a breve” almeno i playoff vengano giocati in impianti di 5.000 posti a sedere, per non correre il rischio di vedere una finale tenuta in un impianto da 3.500 posti (ogni riferimento a Reggio Emilia è voluto). Come a voler dire: anche l’occhio vuole la sua parte. E ci sta. Se non fosse che così facendo si tagliano fuori dai playoff 9 squadre su 16, che Reggio Emilia dovrebbe andare a giocare a Bologna e Venezia (forse) a Treviso, per dirne alcune, mentre ad altre squadre converrebbe, più semplicemente, fallire la qualificazione ai playoff che giocarli per un pubblico che non è il proprio. La sensazione è che in FIP (ma anche in Lega) interessino di più gli aspetti televisivi del basket che i contenuti degli stessi: palazzi più grandi e All Star Game solo se spettacolare, con la crescita del movimento delegata in pieno alle squadre, alle proprietà che dovranno trovare fondi, partner e amministrazioni comunali concordi nella realizzazione di nuovi impianti o nell’ampliamento di quello esistente. La A2 fa parlare di sé, se non altro per le multe. A parte le solite sanzioni per sputi, cori offensivi, attrezzature che non funzionano, Derthona Basket Tortona e Virtus Roma sono state ammonite per “l’utilizzo di marchi di sponsorizzazione non autorizzati” con riferimento alla Hertz per la Virtus Roma. Insolita come multa, quella di aver apposto dei marchi non autorizzati sulle maglie, in un momento in cui si devono letteralmente benedire le aziende che investono (magari poco) nello sport. Particolare poi la situazione di Roma: da questa estate in “lite” con il main sponsor Unicusano, intenzionato a fuoriuscire da un contratto valido per due anni firmato alla fine dello scorso campionato, continua a usarne il nome nonostante le diffide ricevute. Un modo per non risultare inadempienti in un contratto su cui probabilmente sarà chiamato a sentenziare un giudice. Anche questo è sport. O quasi.

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