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Gli scudetti di Milano e il primo di Reggio Emilia

Gli scudetti di Milano e il primo di Reggio Emilia

Redazione

14.06.2016 ( Aggiornata il 14.06.2016 16:01 )

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La finale scudetto di basket si ferma a gara sei e lo scudetto prende la via di Milano (fanno 27), destinazione che tutti prevedevano ma in cui nessuno credeva (Repesa dixit). La serie si è chiusa a Reggio Emilia, che per la seconda volta di seguito arriva a sfiorare il titolo senza vincerlo, tra le lacrime dei tifosi e le parole di circostanza di Menetti, che rischia di vedersi appiccicata addosso l’etichetta di eterno secondo. Proprio Menetti ha ricordato a tutti la fatica fatta per arrivare in finale e ribadito la differenza tra la sua squadra di matrice italiana e l’Olimpia, costruita in maniera diversa e basata su campioni stranieri. Ma alla fine ha dovuto riconoscere i meriti dei milanesi, che la vittoria l’hanno ottenuta sul campo. Reggio Emilia ha pagato l’assenza di Stefano Gentile e la non perfetta forma fisica di Lavrinovic, ma probabilmente era in preventivo, Veremeenko e Aradori. Infortuni che hanno tolto ossigeno alle rotazioni di Menetti, indispensabili in una serie così lunga (la squadra è scesa in campo per 16 volte in 5 settimane). Un ritmo imposto per somigliare alla NBA ma che in Europa siamo gli unici a tenere e che forse sarebbe ora di rivedere. Di questa finale oltre alle dichiarazioni di Menetti restano le lacrime di Kaukenas, campione indomito che lo scorso anno trovò la motivazione per tentare di nuovo di portare a Reggio Emilia il suo primo scudetto e che oggi deve guardare di nuovo al suo futuro, a 39 anni. Sicuramente un esempio, ma anche un talento, fisico e tecnico, che quest’anno ha fatto più volte la differenza, anche contro Milano. Stefano Landi, il patron dei reggiani, non è solito fare rivoluzioni e nel tempo ha costruito una squadra da portare allo scudetto. Per il terzo assalto probabilmente qualcosa dovrà cambiare, in particolar modo nel reparto lunghi, dove la fragilità di Lavrinovic è diventata un problema importante e il lituano non sembra in grado di garantire quella continuità che invece servirebbe per una squadra di vertice. In cabina di regia il timone è ormai nelle mani di De Nicolao, con Needham specialista della difesa, Parrillo che ha ben figurato e Gentile che deve ricominciare da capo causa infortuni. Polonara e Silins si sono guadagnati la riconferma, mentre il reparto più solido pare quello delle guardie con Kaukenas, Aradori e Della Valle che si sono spartiti il lavoro e che potrebbero riproporsi in blocco per il prossimo anno. Ricostruire no, ma rinforzare sicuramente si, per portare il terzo e i tifosi sperano risolutivo, attacco al titolo. Milano si aggiudica quello che Repesa ha definito come lo scudetto più difficile di sempre. La squadra con il budget più altro (ma non deve essere considerata una colpa) ha cambiato molto durante la stagione, fino ad arrivare ad avere un assetto che se non definitivo, nei playoff è apparso quantomeno equilibrato. L’Olimpia ha avuto il merito di non disunirsi anche dopo partite in cui è mancato il carattere e in campo la squadra si è mostrata arrendevole. Repesa ha saputo equilibrare il gioco sfruttando i chili di Batista (più utile in semifinale che in finale) in area e il dinamismo e la forza di Sanders. Ottimo Simon, mentre Gentile spesso è apparso alle prese più con i propri fantasmi che con le difese avversarie. Kalnietis non ha fatto rimpiangere l’assenza di Cinciarini e dalla panchina McLean e Lafayette sono apparsi cambi di gran lusso per il nostro campionato. “Solito” contributo grinta e cuore da parte di bruno Cerella, idolo del Forum per la sua capacità di essere intenso e partecipe pur toccando pochi palloni. Ora si apre la post season con Gentile che ormai viaggia verso altri lidi e con Pascolo e Awudu Abass (pare) in arrivo da Trento e da Cantù, quasi a voler italianizzare una squadra che ogni anno, finora, ha cambiato molto se non troppo, ma mai in maniera definitiva o per lo meno senza mai darsi una struttura che avesse un orizzonte di almeno 3 anni. Della serie sono stati protagonisti anche i tifosi, che hanno risposto agli appelli dei presidenti, creando un clima casalingo che a volte è andato sopra le righe. Così se la Rai il prossimo anno starà più attenta a posizionare i microfoni vicino a un ispiratissimo tifoso della Reyer bravo a trovar rime con i cognomi dei giocatori di Milano, si spera che i tifosi di Reggio, ma più in generale quelli italiani, perdano l’abitudine di lanciare palle di carta, rotoli di carta igienica, aste delle bandiere e altro in campo. Insolito poi il comportamento dei tifosi di Milano, che anche ieri, mentre stavano per vincere lo scudetto numero 27 non hanno esitato a esporre i propri striscioni di contestazione a Proli e Portaluppi. Un po’ come parlare male della sposa mentre si brinda al suo matrimonio, dimenticando che Milano rimane l’unica piazza che sembra potersi permettere ogni anno una campagna acquisti che garantisca alla squadra una partecipazione da top team al campionato italiano e di partecipare all’Eurolega. Se fa pensare il comportamento dei tifosi, è assolutamente incomprensibile il comportamento della Federazione e della Lega che hanno calendarizzato la finale scudetto nel giorno e allo stesso orario di Italia-Belgio, seconda per esposizione mediatica solo all’elezione del Papa (forse). Se si voleva tenere segreto il ventisettesimo scudetto di Milano si è colto nel segno. Se invece si vuol dare al basket una visibilità sportiva che uscisse dall’ambito del tifo si è sbagliato e di tanto, non sfruttando un palcoscenico come quello di Rai Sport (che comunque non pubblicizza l’evento) e di Sky, quando tutti i riflettori erano puntati sulla nazionale di calcio. Cala il sipario sul campionato, Petrucci e i suoi ora sono concentrati sul pre-Olimpico. Una volta il pre-Olimpico era il torneo con cui ci si preparava a giocare le Olimpiadi, ora viene spacciato come evento dell’anno ma in realtà è l’ennesimo esame di riparazione, comperato con milioni di euro, che si giocherà a Torino e che potrebbe dare alla nazionale italiana il volo per Rio, Grecia (ma bisogna vedere se Antetokounmpo è d’accordo) e Croazia (e qui i vari Lafayette, Simon, Bogdanovic, Hezonja, Damjan, Dukan, qualcosa da dire la avranno) permettendo. Una situazione che evidenzia la frattura tra la FIP, concentrata sulla Nazionale e la Lega delle squadre di Serie A, che della nazionale dovrebbe essere la fucina. In un momento in cui il basket non trova più spazio nelle grandi metropoli e dove la provincia è l’unica realtà in grado di mettere in capo e far crescere i giocatori italiani, forse servirebbe un atteggiamento diverso.

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