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Inter, Thohir non applaude

Inter, Thohir non applaude

Redazione

05.02.2016 ( Aggiornata il 05.02.2016 16:48 )

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Secondo certi schemi mediatici, ma anche dei tifosi, gli allenatori sbagliano sempre, i giocatori qualche volta e i dirigenti mai. Al Guerino non la pensiamo così e la vicenda interista resa pubblica dallo scoop del Corriere della Sera ci rafforza in questa convinzione. Il millantatore che aveva fatto balenare una megasponsorizzazione con Etihad ha fatto il suo lavoro di aspirante truffatore (ai danni di un albergo vicino a Roma, secondo la sua fantasia destinato a trasformarsi in un'università del calcio con rettore Baggio), mentre non sembrano esserci responsabilità dell'ex direttore generale Fassone (se non quella di essere Fassone). Magra la figura dell'ex tattico Bacconi, noto ai telespettatori RAI, anche se tutti sostengono che il suo essere ex non dipenda da questa vicenda (...). Il vero danno per l'Inter, in concreto, è stato l'aver pensato di contare su un potenziale sponsor, magari per giocare al rialzo con Pirelli, ritardando nella ricerca di alternative. E il controllo ritardato sulla credibilità degli interlocutori è una colpa, se Thohir ragiona alla Thohir, dell'amministratore delegato Bolingbroke. Visto che la vera innovazione dell'imprenditore indonesiano è stata quella di far sentire ogni dipendente in stato di tensione per il suo posto, è sicuro che ci saranno sviluppi anche a livelli inferiori. Ma quale Mister Bee e quotazione alla borsa di Hong Kong, meglio l'austerità e i giovani lombardi, un po' come si diceva ai tempi di Zaccheroni e Cesare Maldini. Interpretare come una giravolta la nuova politica di Berlusconi è comunque sbagliato, anche se chi riteneva normale pagare 480 milioni di euro la quota di minoranza di una società che tutta intera ne vale meno deve un po' arrampicarsi sugli specchi. Non si è mai vista una trattativa per uno dei club più famosi al mondo gestita in questo modo, con i nomi dei potenziali acquirenti sempre coperti da quello dell'intermediario e forse mai nemmeno davvero esistiti (in ogni caso non lo sapremo mai con certezza, a meno che in futuro Berlusconi scriva un libro con più rivelazioni di quello di Friedman), ma soprattutto con il bilancio del Milan scambiato per quello della Fininvest. Perché i 480 sarebbero finiti nella disponibilità della famiglia Berlusconi e non certo in quella del Milan. Adesso il momento della chiarezza si allontana, come il benservito a Mihajlovic (a giugno). Rispetto per i morti e per i loro congiunti, ma continuiamo a pensare che fra la figura di Mandela e quella di Ernesto Bronzetti ci sia una certa differenza. Non ci riferiamo alla squalifica per il calcioscommesse quando era dirigente del Foggia, visto che abbiamo eretto la statua equestre a Paolo Rossi, ma al suo ruolo per così dire moderno. Più da mediatore, come si diceva una volta, che da procuratore. Bravissimo nel  suo lavoro e pieno di contatti ai massimi livelli, non ha mai saputo spiegare (nemmeno ai tanti giornalisti che lo avevano come riferimento) perché per parlarsi Galliani e Florentino Perez avessero bisogno di lui. Twitter @StefanoOlivari

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