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L'ultima parola di Berlusconi

Redazione

15.12.2015 ( Aggiornata il 15.12.2015 11:54 )

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La teoria delle due anime del Milan ci perseguita, per bocca dei sedicenti bene informati di entrambe le fazioni, fin dagli anni in cui il Milan vinceva tutto in Italia e in Europa, quindi non può essere la spiegazione del momento rossonero. Con la parola 'crisi' peraltro buttata lì senza un vero perché, a meno che sia diventato uno scandalo il settimo posto di una squadra attrezzata per arrivare quinta o sesta (colpa di chi parlava di Champions). Le due anime, facendo un mini Bignami, sarebbero quella berlusconiana (che concepisce soltanto stelle affermate oppure scommesse presidenziali, miracolando allenatori e giocatori) e quella gallianiana (più improntata alla gestione ordinaria e alla difesa dell'esistente, San Siro compreso). Certo è che l'ultima parola spetta sempre a una persona sola, che sta aspettando il primo pretesto concreto per salutare Mihajlovic e mettere al suo posto una scommessa (Brocchi, che però lo intriga meno di altri senza esperienza) o una grande suggestione (Lippi), senza aspettare che in estate l'amico Briatore lasci libero Montella (che i giocatori della Sampdoria abbiano capito la provvisorietà dell'operazione?). Pretesto che può non essere una sconfitta domenica a Frosinone, ma anche soltanto un'altra dichiarazione incauta. La sensazione è che Mihajlovic non vedrà in ogni caso il closing di Mister Bee, adesso slittato a gennaio. 2. Il Colosseo tricolore è un bel logo per Roma 2024, visto che senza fare gli schizzinosi mette in evidenza il monumento della capitale più conosciuto nel mondo. Inutile sottolineare ancora una volta che Parigi e Los Angeles partono favorite in una corsa che in ogni caso finirà fra due anni, meno inutile è notare che il clima politico intorno alla candidatura sta cambiando rispetto alla consueta autodenigrazione. In base non a coraggiose scelte ideali, ma a semplici sondaggi (i referendum si fanno soltanto nei paesi civili, come è stato ad Amburgo) che darebbero la mitica 'gente' ben disposta verso una manifestazione che al di là del salasso per le casse pubbliche (di questo si tratterà, altro che project financing) lascia un'eredità eterna. Della gente facciamo parte anche noi: nemmeno il più arido dei calciofili può evitare di emozionarsi pensando a Roma 1960, anche se non era ancora nato. La buttiamo lì: con il Movimento Cinque Stelle al governo della città, invece che all'opposizione, le possibilità aumenterebbero. 3. Molti tifosi non tollerano l'ironia, lezione che ancora non abbiamo imparato. Così alcuni lettori interisti del Guerino non hanno gradito che scherzassimo su Thohir, dicendo che con ottimi risultati sportivi e scarsi risultati finanziari sta facendo l'esatto contrario di quanto da noi previsto. In particolare non hanno gradito che parlassimo di artifici contabili e di perizie discutibili, invitandoci a entrare nel merito (sottinteso ma non troppo: noi siamo grandi commercialisti, forse addirittura gli eredi di Guido Rossi, voi giornalisti ignoranti... ci può stare, soprattutto la seconda cosa). Ma non stavamo scherzando... Il merito è semplicissimo, da primo anno di ragioneria fatto per corrispondenza: nel pieno della gestione Moratti, quando ancora non si era iniziato a vincere, l'Inter si finanziò vendendo il suo marchio per 158 milioni a una società da lei controllata, abbellendo il suo bilancio dell'epoca e con i soldi veri arrivati da finanziamenti bancari. Operazione di gran moda all'epoca, la fece con modalità diverse mezza serie A con il valore del marchio più vicino alla possibilità di accedere al credito bancario (quando serviva) che al reale valore di mercato. Arriviamo in fretta all'era Thohir e parliamo soltanto del marchio. Con l'Inter per così dire 'originale' e le sue controllate che conferiscono marchio e altri asset (fra cui diritti televisivi) a una nuova controllata, Inter Media & Communication. Una perizia stabilisce che il marchio vale 131,8 milioni di euro, con una plusvalenza rispetto al valore di bilancio di 79,8 milioni. Euro più, euro meno, quasi lo stesso dividendo che Inter Brand distribuisce alla casa madre. Chiaro? Niente di illegale, perché nel primo caso questi 'artifici contabili' sono serviti ad accedere a un finanziamento mentre nel secondo hanno abbellito un bilancio. Soldi veri, al di là del fatto che anche i soldi stessi siano una convenzione? Zero. Questo non significa che il marchio non abbia valore, anzi secondo quanto sostengono le varie Deloitte della situazione l'ultima perizia (quella dei 131,8 milioni) è abbastanza credibile in un mondo che valuta il brand Real Madrid 600. Ma i giochetti di bilancio, per quando entro il perimetro delle leggi e delle loro interpretazioni, non possono diventare grande imprenditoria a seconda della squadra che li mette in atto. 4. A Roma e alla Roma sono quasi tutti in discussione, da sempre. La novità degli ultimi giorni, in un ambiente che nemmeno la buona partita di Napoli e la prospettiva dell'ottavo di Champions con il Real Madrid riesce ad esaltare, è che nel mirino c'è finito l'unico finora ritenuto intoccabile, cioè Walter Sabatini. Fino all'altroieri autore di campagne acquisti miracolose, con la Roma sempre protagonista a dispetto di mille vincoli, ma adesso diventato fuori sintonia non tanto con Pallotta quanto con i dirigenti che a Pallotta riferiscono, con in più accusa da parte di alcuni media di 'moggismo' (per sintetizzare brutalmente) per operazioni tipo quella relativa al giovane serbo Radonjic (pagato 4 milioni circa, di cui però 3 di commissioni al procuratore) e ad altre comunque tutte citate nel bilancio e nelle comunicazioni della Roma. Insomma, da genio inseguito da grandi club a indesiderato, in poche settimane. Twitter @StefanoOlivari

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