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Redazione

23.12.2014 ( Aggiornata il 23.12.2014 11:04 )

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Chi assume Zdenek Zeman pensando che sia il solito mestierante da lotta per la salvezza (c'è un albo nutritissimo, mille nomi tutti di grande competenza con uno che però vale l'altro) merita di stare in fondo alla classifica come il Cagliari di Giulini: diciottesimo, tre punti dietro l'Atalanta. Ovviamente in estate il fresco proprietario del club sardo non pensava (speriamo) che Zeman fosse l'equivalente di Reja, per citare un allenatore bravissimo, non fosse altro che per i quasi 50 anni di carriera del tecnico boemo, ma un nome così gli serviva per poter parlare di 'progetto' e per rendere credibile la sua stessa calata nel calcio. Finito l'effetto mediatico e non essendoci una rosa da progetto ma soltanto da salvezza da ottenere con i denti, ecco l'esonero (non ancora ufficializzato, mentre stiamo scrivendo). Il decimo nella carriera di Zeman, l'ottavo da quando è entrato in rotta di collisione con il mondo degli 'uomini di calcio' per la sua scarsa abitudine al compromesso, non proprio inaspettato visto l'ingaggio da 700mila euro che conteneva anche una sorta di 'premio di immagine', cosa che Zeman sapeva benissimo. Insomma, strumentalizzato ma consapevolmente e non gratis. Perché, pur da zemaniani, non possiamo evitare di dire che Zeman da anni viene trattato e si lascia trattare come una figurina: da un lato volto pulito del calcio italiano e di sicuro l'unico che ha detto la verità sulla Juventus dell'era Giraudo-Moggi-Agricola (quella che non hanno mai detto nemmeno i suoi avversari), quindi automaticamente antipatico al 35% di chi segue il calcio (mai criticare i grandi club, se vuoi fare carriera), dall'altro maestro di sport e di vita convinto che i risultati possano e debbano arrivare solo attraverso il lavoro, diciamo pure un superlavoro (l'ultimo allenamento cagliaritano, con ripetute da mezzofondisti, entrerà nella leggenda, così come la partita di Coppa Italia contro il Modena), senza scorciatoie. Nessuno di noi, se fosse presidente del Real Madrid o del Chelsea, lo assumerebbe per guidare la prima squadra anche se mai in carriera (nemmeno quando era di moda) Zeman ha potuto guidare una macchina di Formula Uno. Molti di noi gli darebbero le chiavi di tutto il settore giovanile, per non dire dell'intero calcio italiano. Poi la stagione del Cagliari, tuttora priva di vittorie in casa, meriterebbe un ragionamento nel dettaglio, perché è assurdo che Zeman sia stato cacciato dopo aver perso con la Juventus campione d'Italia e non, per dire, dopo lo 0-4 con la Fiorentina. L'assenza di una prima punta di valore, il rendimento altalenante di Ibarbo (cioè del giocatore con più potenziale della rosa), l'apparente freddezza dei senatori Cossu e Daniele Conti, difensori presi singolarmente non da serie A: potremmo continuare a lungo, ribadendo l'ovvio, ma è chiaro che tutto confluiva sulla figura di Zeman. Prima di dire che è bollito, a 67 anni, o rievocare il Foggia di Casillo, pensiamo a Verratti, Insigne e Immobile. È un grande sportivo, ma forse non (più) un allenatore da serie A. Twitter @StefanoOlivari

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