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Redazione

17.07.2014 ( Aggiornata il 17.07.2014 12:11 )

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Il Bayern Monaco, modello di tutti quelli che vogliono copiare la Germania dimenticando di non avere a disposizione l'ingrediente più importante (cioè i tedeschi), aveva davvero così bisogno di 30 milioni di euro? È la prima domanda da farsi adesso che Toni Kroos è diventato ufficialmente un giocatore del Real Madrid con un contratto fino al 2020 da circa (il meccanismo è a salire) 11 milioni di euro lordi a stagione. La risposta è ovviamente no, nel senso che un club così ricco e bene amministrato, macchina che prescinde dai singoli (basti pensare a come è stata assorbita la carcerazione di Hoeness), non aveva certo bisogno di questa cifra. Importante, superiore tanto per fare un confronto a quanto speso dalla Roma per Iturbe che da noi sembra un colpo epocale, ma non decisiva per il futuro del club e nemmeno per il suo presente, essendo il quarto club al mondo per fatturato. E allora? Nel calcio-azienda i giocatori vanno venduti al massimo della loro parabola. E quale miglior momento per vendere uno come Kroos, che acquistato sedicenne praticamente per niente adesso ha la visibilità planetaria di un Mondiale vinto? Da titolare, cambiando anche posizione nel corso del torneo segnando gol televisti da miliardi di persone (in questo caso davvero, non come quando dobbiamo pompare i nostri derby). Il contratto di Kroos, 24 anni, con il Bayern, sarebbe scaduto il prossimo giugno e l'adeguamento a cifre da Robben non era in alcun caso previsto. La storia dirà se il Real ha fatto un colpo pazzesco, a sconto, o se si è solo messo in casa una riserva di superlusso come è nello stile delle gestioni Perez Uno e Due. Di certo il calcio che si autofinanzia funziona così, anche se noi continua a sembrare strano e 'brutto'. Tutto però dipende dalla proprietà: un atteggiamento simile è accettabile in un club a proprietà diffusa come è appunto il Bayern, mentre lo è meno dove c'è un azionista di maggioranza forte o un proprietario unico. Possedere una squadra di calcio non è un obbligo, quindi la retorica aziendalista su Thohir, Berlusconi, Agnelli, Lotito, eccetera, è davvero degna di miglior causa. Twitter @StefanoOlivari

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