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Redazione

01.05.2014 ( Aggiornata il 01.05.2014 18:51 )

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Cosa avranno avuto da fare Vialli, Mancini, Vierchowod, Mannini, Pagliuca, Dossena, Lombardo, eccetera, di più importante che presenziare al funerale di Vujadin Boskov, la loro guida verso lo storico scudetto 1990-91 della Sampdoria? L'ultimo scudetto vinto da una squadra non metropolitana, con tutto il rispetto per Genova: probabile che rimanga tale per l'eternità, a maggior ragione in un calcio che si autofinanzi. Mancini magari avrà dovuto allenare il Galatasaray (ancora per poco, pare sia in arrivo Lucescu), ma gli altri? Eppure subito dopo la notizia della morte Marco Lanna aveva dichiarato che la vecchia Sampdoria si sarebbe organizzata per rendere omaggio al suo allenatore. Invece a Begec, la città Natale di Boskov a pochi chilometri da Novi Sad, c'era solo Srecko Katanec, oltre a Enrico Mantovani, figlio di Paolo ed ex presidente, e all'allenatore di oggi Sinisa Mihajlovic. C'erano molti più rappresentanti del Real Madrid, che Boskov portò fino alla finale di Coppa Campioni nel 1981, capeggiati da un Emilio Butragueno che Boskov per motivi di età lo sfiorò soltanto, e da un Camacho che invece Boskov lo conosbbe davvero. C'era Dejan Savicevic, attuale presidente della federclacio del Montenegro, c'erano tanti personaggi del calcio della fu Jugoslavia. Ma di Sampdoria ce n'era poca, troppo poca. Giusto qualche tifoso, organizzatosi da solo. È comprensibile che Garrone, così come ogni altro che debba confrontarsi con un grande passato, non abbia il culto della Sampdoria di Mantovani e Boskov, ma un po' di rispetto per la propria storia sarebbe stato soltanto un segno di sensibilità. Che evidentemente è mancata, alla società attuale e agli ex giocatori di quella del grande ciclo. La cosa che fa più male è che eravamo convinti che quella fosse una squadra diversa, composta da gente diversa.

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