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Redazione

13.01.2014 ( Aggiornata il 13.01.2014 11:13 )

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La Juventus di Conte non ha rivali in Italia, al punto che bisogna ridursi a scrivere grigi articoli di statistica per poter raccontare qualcosa di diverso dalla sensazione di superiorità che i bianconeri trasmettono a chi li guarda e soprattutto ai loro avversari in serie A. Dopo la vittoria di Cagliari le vittorie consecutive sono diventate 11, record bianconero nella serie A a girone unico (Roma di Spalletti eguagliata, mentre l'Inter di Mancini detiene per il momento il record assoluto a quota 17), ma sono senz'altro meno importanti del terzo scudetto consecutivo che si sta profilando. Non è quindi strampalato chiedersi se questa Juventus sia, in prospettiva storica, la più forte di sempre vista in Italia. Le concorrenti sono scontate: la squadra del quinquennio 1030-35, cinque scudetti consecutivi, quella di Boniperti e Sivori, quella degli anni Settanta, per la precisione dal 1971 al 1978 (cinque scudetti su sette campionati), con allenatori Vycpalek, Parola e Trapattoni, quella degli anni Ottanta con allenatore Trapattoni e quella del primo Lippi. Cinque squadroni, sei con quello attuale, ma restringendo il discorso all'Italia la squadra di Conte è paragonabile solo a quella degli oriundi degli anni Trenta (Monti, Cesarini, Orsi, Sernagiotto) e a quella forzatamente autarchica dei Settanta. Andando oltre, la squadra di Carcano era fondata su fini dicitori mentre quella ad esempio del 1976-77 (scudetto a 51 punti sui 60 teoricamente ottenibili e Coppa Uefa vinta con partite in trasferta eroiche) univa la classe di alcuni (Causio, Bettega) alla combattività di tutti gli altri (un centrocampo Furino-Tardelli-Benetti può rendere l'idea) ed è quindi più apparentabile a quella attuale. Il discorso da bar europeo non può invece nemmeno iniziare: quello che è accaduto nell'era Platini (tre finali europee consecutive, di cui due vinte) e in quella Lippi (tre finali di Champions consecutive, di cui una vinta) è perfino troppo in confronto alle magre figure finora rimediate da Conte. Che però ha un'attenuante non da poco: questa Juventus è ancora degli Agnelli, ma in un'Italia profondamente cambiata (la Fiat è di fatto emigrata in America) e in una logica rigidamente aziendalistica. Se fino a inizio millennio, pur passando da periodi di braccino o corto o di autofinanziamento, la Juventus era un gioiello di famiglia con i molti pro e i pochi contro della situazione, adesso ha l'obbiettivo primario di camminare con le sue gambe. Questo non significa che sia obbligatorio cedere Pogba al Paris Saint-Germain, scenario ritenuto accettabile dallo stesso Andrea Agnelli in presenza dell'offerta giusta, ma solo che la Champions degli anni a venire la può vincere solo chi compra i Pogba o ha la forza finanziaria per tenerseli. Invece in Italia, al momento e negli anni a venire, non c'è partita.

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