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Redazione

01.08.2013 ( Aggiornata il 01.08.2013 17:06 )

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Nel prossimo week end partirà la Coppa Italia: siete pronti all’ennesima edizione di un torneo che diventa interessante a partire dalle dalle semifinali, usato come tappabuchi nel calendario quando non c’è nient'altro di interessante, intriso di riserve e giocato in stadi deserti? Bene, perché purtroppo questo è il quadro che presenta la nostra Coppa nazionale. Che ancora una volta si presenta al via con una formula fortemente antidemocratica, che fa sì che le otto teste di serie (scelte in base al precedente campionato. E perché non in rapporto alla precedente Coppa Italia?), entrino in scena addirittura al quinto turno, avendo la certezza di debuttare in casa e di non affrontarsi con le altre big se non dai quarti. Un format che toglie possibilità alle squadre piccole di farsi largo e di arrivare fino in fondo. Quante volte si è invocata anche da noi una Coppa Italia all’inglese con gare secche ma non automaticamente in casa della squadra più potente (non ci vuole molto a capire che Milan-Gubbio verrebbe giocata in uno stadio deserto e Gubbio-Milan in uno stadio pieno) e con una formula più lineare (l'andata e ritorno delle semifinali è qualcosa di incomprensibile). E se nella FA Cup inglese è all’ordine del giorno che squadre piccole (o addirittura di Championship) arrivino fino in fondo, nella nostra “Coppa delle riserve” (o Coppa “in-cui-daremo-una-chance-a-chi-ha-giocato-meno-finora”, nella versione degli allenatori) dobbiamo risalire al 1993-94 per trovare una squadra di B in finale (l’Ancona) o al 1995-96 per individuarne una in semifinale (il Bologna). Prendiamo dal tabellone attuale, una squadra piccola, il Pontedera ad esempio, e proviamo ad immaginarne il cammino (se per assurdo dovesse arrivare in fondo e dando sempre per scontate le vittorie delle squadre più forti): primo turno: trasferta a Benevento; secondo turno: trasferta a Lanciano; terzo turno: trasferta a Genova contro la Sampdoria; quarto turno: trasferta a Verona contro l’Hellas; ottavi: trasferta a Roma contro la Roma; quarti: trasferta a Torino contro la Juve; semifinale: andata e ritorno contro la Lazio o il Napoli. finale: in campo neutro a Roma. Facile, no? Non stupiamoci dunque che in Italia non capitino mai avventure come quelle di Calais e Quevilly, arrampicatesi fino alla finale di Coppa di Francia. Proprio non può succedere. La Coppa Italia-spezzatino ha offerto anche fantastici esempi di giocatori scesi in campo nello stesso turno per due volte e con squadre diverse. Successe ad esempio due stagioni fa a Giuseppe Sculli: impiegato dalla Lazio in Lazio-Verona e dal Genoa in Inter-Genoa, Sculli disputò due volte nell’arco di nove giorni, gli ottavi di finale. Non è meraviglioso tutto ciò? Giovanni Del Bianco @g_delbianco

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