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Il funerale di Allegri

Redazione

13.03.2013 ( Aggiornata il 13.03.2013 14:08 )

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Il Barcellona era morto, anche se poi nemmeno tanto visto che da sei mesi sta dominando la Liga senza discussioni, invece al Camp Nou è andato in scena il funerale del Milan di Allegri. Nemmeno una malattia come l'uveite ha impedito a Berlusconi di rendersi conto, dal reparto solventi del San Raffaele, dell'atteggiamento tattico di una squadra che non ha Messi ma che poteva di sicuro difendere meglio il due a zero dell'andata. Il palo di Niang su regalo di Mascherano è stato in definitiva l'unica vera occasione da gol in 90', contro un Barcellona cattivo fin dall'inizio, e i 10' finali in cui la squadra di Allegri sembrava fisicamente messa meglio dei catalani non fanno che accrescere i rimpianti per una qualificazione che forse non avrebbe consegnato la Champions al Milan (però non si sa mai, il Chelsea dell'anno scorso non aveva tanta più qualità dei rossoneri) ma avrebbe senz'altro cambiato i piani per il futuro. Con buona pace degli intervistatori compiacenti che hanno trasformato una disfatta in una prova eroica e in una 'opportunità per crescere' (l'hanno detto ad Ambrosini: 36 anni, ai confini del ritiro dopo 2 Champions e un'infinità di altre cose vinte), questo ottavo di finale è probabilmente il capolinea di Allegri. Mai piaciuto a Berlusconi, prima di tutto perché non lo ha scelto e poi perché lo ritiene in qualche modo colpevole del distacco da Pirlo (in realtà bastava dargli il contratto che voleva), quasi sempre difeso da un Galliani che lo ritiene un parafulmini perfetto, con moltissimo mercato in Italia e all'estero. Piace a De Laurentiis, che lo vorrebbe per il dopo Mazzarri (l'alternativa è Pioli), piace ai dirigenti della Roma che però non possono prendere impegni a lungo termine, piace in Russia e allo Shaktar Donetsk. Ha un contratto con il Milan fino al 2014, ma se la volontà di tutti converge su uno scenario il contratto di solito diventa un dettaglio. E' un allenatore da grande squadra, che in comune con i Conte e con i Mourinho ha la capacità di guidare un gruppo di uomini con il pugno duro (anche se con modi apparentemente più gentili), ma che una grande squadra in tutti i reparti non l'ha mai avuta e nonostante questo ha vinto uno scudetto e ne ha sfiorato un secondo (sarebbe stata doppietta se Pato fosse andato al PSG a gennaio 2012, creando il tesoretto per Tevez). Adesso, con una rosa oggettivamente inferiore a quella di Juventus e Napoli gli si chiede di guadagnare l'accesso diretto alla Champions League prima dei saluti. Ce la farà, Allegri, non solo per il crollo del Napoli. E sarà rimpianto, anche se non magari per le scelte di Barcellona: Flamini e Niang dal primo minuto, invece del più tonico Muntari e del più esperto Robinho, o Constant e Abate preferiti all'emergentissimo De Sciglio. Forse sarebbe stato eliminato lo stesso, vista la serata da tiqui taca ad alto ritmo, ma non lo sapremo mai. Adesso Berlusconi sente di avere le mani libere e può succedere di tutto. Si parla della panchina del Milan, ovviamente.

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