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Redazione

13.02.2013 ( Aggiornata il 13.02.2013 09:46 )

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La lotta, cioè uno degli sport più antichi e nobili dall'antichità all'era moderna (ai Giochi di Atene 1896 subito presente), sta per essere buttata fuori dal mondo olimpico. Cioé dal carrozzone che permette a quasi tutti gli sport, con poche eccezioni, di sopravvivere giustificando la propria esistenza con la tradizione ed il sogno a cinque cerchi. Generando un indotto politico-sportivo non da poco, basti pensare al ministero CONI che fra poco eleggerà il successore di Gianni Petrucci (favorito Pagnozzi su Malagò). L'esecutivo del Comitato Olimpico Internazionale ne ha infatti decretato l'esclusione a partire dai non ancora assegnati Giochi del 2020, con ufficializzazione del provvedimento in occasione dell'assemblea del Cio di settembre. E' stata insomma detta l'ultima parola, anche se non l'ultimissima, su una disciplina che non ha certo meno praticanti nel mondo rispetto alla scherma e che non regala di sicuro verdetti più scandalosi rispetto alla ginnastica. La guerra al cosiddetto gigantismo olimpico seleziona le sue vittime in base a criteri finanziari e di audience, che si potrebbero anche accettare se valessero per tutti. Non è un discorso tifoso, visto che a Londra 2012 l'Italia non era fra la 29 nazioni che fra lotta libera (quella in cui sono consentite tecniche di atterramento e ribaltamento con azioni sulle gambe dell'avversario) e grecoromana (dove le tecniche prima citate non sono permesse) hanno conquistato almeno una medaglia. Anzi, peggio: avevamo un solo atleta in gara, Timoncini nella greco-romana al limite dei 96 chili, subito eliminato. Nella lotta, tolte grandi potenze come Russia e Stati Uniti, L'Iran, l'Azerbaigian e la Cuba della situazione sono in corsa per i piazzamenti che contano e forse questa considerazione ha avuto un'importanza decisiva. Niente di politico, crediamo, molto invece di televisivo. Non è ancora finita, ma è più facile che nei Giochi del futuro si veda la Formula Uno.

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