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La partita ideale, anche per tradire

Redazione

08.11.2012 ( Aggiornata il 08.11.2012 13:04 )

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Vi siete mai chiesti cos’è per ognuno di noi la partita ideale e quale risultato dovrebbe farci più felici? Al di là della sconfitta della squadra più odiata, sportivamente parlando ovviamente, che trova la sua massima espressione nei vari veri derby, da Torino a Roma, passando per Milano con qualche variazione sul tema come nel caso della sfida, quasi sempre da vertice, tra Inter e Juventus? Il cosiddetto “derby d’Italia”? Quale finale ci fa sognare e tornare il sorriso anche solo ripensandoci? Sotto il Cupolone, per esempio, siamo a pochi giorni dalla stracittadina (in questo caso Lazio-Roma) che, per motivi di ordine pubblico, non viene più fatta giocare di sera e tutta la città sembra impazzita. Anche chi non è fortemente interessato alle vicende pallonare, è in preda ad un raptus emozionale. Raptus che sembra colpire anche le donne. Soprattutto quelle donne, udite, udite, a cui non interessa la sfida sportiva. Infatti, secondo “Ashleymadison.com”, sito di incontri extraconiugali molto in voga, il 43% delle signore o signorine, ovvero due su cinque, approfitterà dell’occasione per tradire il proprio compagno e ben il 68% del totale stringerebbe volentieri una relazione con un tifoso dell’altra fazione. Scusate se è poco! Buon derby romano quindi a tutti/e e che siate soddisfatti, comunque vada a finire. Tornando al calcio vero e proprio, il tema in questione è molto discusso e discutibile e le opinioni divergono tantissimo tra di loro a seconda di chi le dibatte. Per quasi tutti gli allenatori e i puristi, il finale perfetto sarebbe lo 0-0 che, tradotto, vuol dire parità dei valori e delle soluzioni tecnico-tattiche espresse in campo. Per i tifosi più accaniti, un qualsiasi risultato, anche molto rotondo, magari strappato con qualche errore o svista arbitrale colossale all’ultimo minuto. In modo che non ci sia più il tempo per rimediare alla beffa. In poche parole, far rosicare gli avversari. E alla faccia dell’introduzione o meno delle nuove tecnologie: microchip nel pallone e moviola in campo. Pensate solo all’ultimo scudetto, il secondo, conquistato dalla Lazio. Era il 14 maggio del 2000 e alla Juventus bastava un pareggio a Perugia per vincere il titolo. Invece una bomba d’acqua fantozziana sullo stadio Renato Curi (a pochi chilometri di distanza, a Firenze, c’era il sole), una sospensione della partita di circa un’ora, tra il primo e il secondo tempo e la ripresa con un campo diventato pesantissimo decretata dall’allora arbitro Collina (che qualche anno dopo confessò di essere laziale), nonostante le vibranti proteste dei bianconeri che volevano la ripetizione della partita, come da regolamento. E infine, la rete decisiva del capitano della squadra di Carlo Mazzone, Alessandro Calori, fecero andare a Roma lo scudetto che sembrava già cucito sulle casacche juventine. Per i laziali una gioia inaspettata e un risultato perfetto. Per quelli della Vecchia Signora, un’ingiustizia e una vera beffa. Per chi si avvicina invece al calcio in modo saltuario e ha un attaccamento molto blando a una o a nessuna squadra in particolare, va benissimo qualsiasi finale purché condito con molti gol e tante emozioni. Insomma, come avete intuito, non esiste la cosiddetta “partita ideale, perfetta”, quella che tutti saprebbero riconoscere e su cui concorderebbero tutti. Indistintamente. Forse esiste la “tempesta perfetta” in meteorologia, sicuramente non nel calcio. Pier Paolo Cioni [poll id="53"]

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