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La tristezza dell’Inter cinese

Redazione

02.08.2012 ( Aggiornata il 02.08.2012 09:18 )

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Cosa c'è dietro la decisione di Massimo Moratti di cedere il 15% dell'Inter ai cinesi della China Railway Construction Corporation? Non certo il progetto del nuovo stadio, di cui si parla da anni (ricordiamo che i club milanesi a San Siro sono in affitto, a prezzi stracciati), o perlomeno non solo quello. Seriamente, in Italia mancano i costruttori? A Moratti le banche non concedono mutui? Dietro questa decisione non ci sono nemmeno chissà quali strategie di marketing per sfondare sul mercato asiatico: di solito l'unica che funziona è avere campioni di notorietà mondiale, meglio se giocanti in Premier League. Insomma, quella che è stata presentata come una grande svolta, un'operazione che traccerà una strada per il calcio italiano, altro non è che una vendita per fare cassa. I quasi 60 milioni di euro che Moratti incasserà sono più o meno l'importo di una delle sue continue ricapitalizzazioni annuali, che lui spera diminuiscano fino a quasi scomparire. Non è un segreto che la sua (e dei suoi fratelli) Saras non distribuisca dividendi da anni e che, per dirla brutalmente, da un po' il presidente dell'Inter stia intaccando il suo patrimonio personale per stare al passo con il Moratti 'di una volta'. Insomma, nessuna strategia geniale ma solo volgare (però necessaria, perché gli argentini baceranno anche la maglia ma lo stipendio devono prenderlo) cassa. Volendo scongiurare un avvitamento in stile Sensi, Moratti ha optato per il male minore. Dal punto di vista del socio cinese, che per le sue attività appare più industriale che finanziario, suscita perplessità un aspetto: nessuno può essere così stupido da mettere in un club di calcio decine di milioni di euro, senza contare i soldi (pro quota) dei futuri aumenti di capitale, senza contare niente. Perché avere il 15% in una società dove c'é un socio con la maggioranza assoluta significa contare niente. C'è senz'altro quelche accordo, più o meno scritto, per gli anni a venire. Questa operazione potrebbe essere quindi il primo passo di un relativamente lungo addio di Moratti, se nel giro di un paio di stagioni il bilancio non arriverà in pareggio. Come per altre società, vengono in mente subuto Milan e Fiorentina, troviamo triste questa strategia di disimpegno non dichiarata, fatta di anni di transizione e di alleggerimenti dei costi senza una visione chiara del futuro. Di base c'è che non è obbligatorio possedere una società di calcio: si dice sempre che il passato non deve contare per calciatori e allenatori, noi estenderemmo il concetto anche ai presidenti. Il che non significa che il calcio italiano debba esultare per una futura Inter tutta cinese, come il centro estetico dell'angolo o il bar sotto casa. Twitter@StefanoOlivari

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