Per trovare una serie A triste come quella di quest'anno bisogna tornare al calcio autarchico degli anni Settanta. Di quell'epoca fanno parte anche le polemiche sui calendari, interpretati come una sorta di segnale del Palazzo prima che mille limitazioni e incompatibilità rendessero il presunto 'sorteggio' del computer quasi una formalità. Ma non si può vivere solo di Giochi Olimpici, anzi molti direttori di giornale teorizzano che agli italiani importi solo del calcio, così può capitare che venga preso sul serio Aurelio De Laurentiis quando afferma che Roma-Napoli all'ultima giornata sia un favore per Juventus e Milan, o almeno per quella delle due (di sicuro non il Milan, se la rosa rimarrà quella attuale) che all'ultima giornata sarà in lotta per lo scudetto. Il presidente del Napoli forse non ha letto le avversarie della sua squadra alla penultima e alla terzultima, un Siena e un Bologna che a parte le probabili penalizzazioni per il calcioscommesse risultano fra le più autorevoli candidate alla retrocessione in B. Stiamo chiaramente cazzeggiando, ma abbiamo un 1% di serietà quando diciamo che al di là del disfattismo e del ridotto interesse che circonda il calcio italiano ai tifosi importa soprattutto di superare le rivali storiche. In questo senso Giaccherini vale Nedved, Pato vale Van Basten e Coutinho vale Ronaldo. Insomma, in questo calcio al ribasso dei De Laurentiis c'è un disperato bisogno. Quando i campioni diminuiscono, ritorna la 'centralità' dei presidenti: è quindi logico che i media tifino per chi la spara più grossa.