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Redazione

28.02.2012 ( Aggiornata il 28.02.2012 15:13 )

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Caro Gigi, ci conosciamo da quindici anni, perché qui il tempo passa veloce, purtroppo. Ricordo la prima volta in cui ti incontrai: una stanza dell’ostello in cui ti ospitava il Parma. Avevi nel mezzo della camera un campo di Subbuteo: enorme, sproporzionato per quel luogo angusto di semiadolescente. Ma già diceva molto dello spazio che lasci alle passioni, siano esse legate al calcio o all’amore, alla tua vita. Ci siamo ritrovati decine di volte. Ancora al Parma, poi alla Juve, persino in Nazionale. Ti ricordo fuori dello spogliatoio di Berlino, ebbro come tutti gli azzurri quella notte magnifica. Ci avevate fatto diventare Campioni del Mondo, a noi in sala stampa e ai milioni di italiani davanti alla televisione. Tutte le volte un sorriso, una battuta, uno stemperare il clima. Ti ho visto milioni di volte sedare le risse in campo, abbracciare invece di spingere gli avversari come fanno i tuoi compagni. Come un marziano, ti ho anche visto dire a un arbitro che era calcio d’angolo perché avevi sfiorato tu la palla prima che uscisse. Altre dichiarazioni coraggiose, persino sulla depressione di cui nessuno vuole mai parlare. Ho riso l’altra settimana quando ti ho visto, travestito da anziano, parlare della tua carriera al passato. Ci sei sempre stato a tutto, hai dato una mano a ogni organizzatore della terra. E ogni volta, te lo ripeto, abbiamo apprezzato il coraggio e la schiettezza delle posizione, anche a costo di qualche scivolata subito strumentalizzata (l’88 sulla maglia, il boia chi molla che per te era un incitamento, non uno slogan di Ciccio Franco nella Reggio Calabria Anni 70). Ecco: perché dovevi passare tu come apologo della furbizia all’italiana, che così poco ti appartiene? Perché offrire un alibi alto, di uno credibile, ai milioni di disonesti che stanno sui campi e dietro la vita di ogni giorno? Addirittura difenderla dietro la bandiera della lotta all’ipocrisia, per cui in nome della sincerità si può dare sfogo a qualunque istinto, a qualsiasi bassezza. È la prima volta che non mi trovo d’accordo con te. Con stima.

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