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Redazione

09.01.2012 ( Aggiornata il 09.01.2012 12:17 )

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Ventuno giornate che hanno detto molto ma non tutto. Viaggio di sola andata per cercare di intuire il punto d'approdo di una Serie B che si è fatta vedere e apprezzare. Che ci ha fatto, perché no, anche divertire. Se non altro rilanciata da un'immagine tecnica (e tattica) decisamente più fresca e intrigante delle ultime scipite stagioni. Di seguito le cose che ci sono piaciute di più. Lasciando per un attimo fuori dalla porta i possibili scenari futuri delineati dall'inesorabile avanzare di Calcioscommesse. - Il Torino. Sorvolando su fine (sconfitta a Modena) e inizio d'anno ("sclerotico" pareggino interno con l'AlbinoLeffe), l'impressione è che difficilmente i granata possano lasciarsi sfuggire la promozione. Perfino la statistica è dalla loro parte. Negli ultimi quindici anni, in appena due casi (Triestina 2002/2003 e Mantova 2005/2006) la squadra campione d'inverno non ha centrato la Serie A. E poi c'è il valore aggiunto di Gianpiero Ventura, un giovanotto di 64 anni (li compie sabato, auguri) che ben conosce l'arte e sa metterla da parte. Ha gettato acqua sui bollenti spiriti di un ambiente non facile, ha dettato regole precise al gruppo, è riuscito perfino a mettere il silenziatore sul debordante Cairo degli anni passati. E poi la strenua difesa del marchio della casa, un 4-2-4 che non si presentava, uomini alla mano, di facile interpretazione. Ci sta riuscendo. Bravo. - Il Verona. Non perde da 11 giornate (ultimo ko contro il Vicenza il 15 ottobre). E soprattutto ha vinto nove delle ultime dieci partite. Avete presente il vecchio luogo comune della cosiddetta "squadra di categoria"? Eccola. Tignosa, rognosa, appiccicosa. Mai banale. Aggrappata fino all'ultimo secondo alla speranza di farcela. Come il suo giocatore-simbolo, Emil Hallfredsson, fisicaccio indistruttibile da boscaiolo nordico. Uno che dal cesto della spazzatura riesce sempre a tirar fuori il pallone giusto. Doppio-salto affatto impossibile. Dopo anni in chiaroscuro, la riscossa personale che Mandorlini cercava. - Pea e il Sassuolo. Nel ballo suicida di tanti debuttanti mandati allo sbaraglio (leggi gli esoneri di Benny Carbone, Fabio Pecchia e Giuseppe Scienza: in bocca al lupo per la prossima), non è rimasto coinvolto Fulvio Pea. Che, forte di una sana gavetta nelle giovanili di Inter e Samp e dell'insegnamento di maestri eccellenti quali Simoni, Mazzarri, Mourinho e Benitez, ha tratteggiato un Sassuolo camaleontico che sta sposando alla perfezione il progetto Under imposto dal padron Squinzi. Squadra concreta e soprattutto "affamata". Si investe sul futuro (l'arrivo di Missiroli, affare-top del mercato di gennaio, ne è la conferma). Che, a occhio, riserverà parecchie soddisfazioni. Specie se Sansone (che il Guerino scoprì quando ancora giocava in C2 nel Pescina Valle del Giovenco, scusate l'immodestia) continuerà su certi livelli. - Zeman. Della serie "il vecchio che avanza" (a maggio saranno 65). Il ritorno dei suoi silenzi, dei suoi sospiri, dei suoi ammiccamenti e dei suoi strali velenosi puntualmente a bersaglio, sono valsi da soli il prezzo del biglietto. Meno scontato il rendimento perfino eccessivo del suo Pescara. Che sulle ali di questo entusiasmo (che ha contagiato squadra, piazza e dirigenza) può arrivare dappertutto. Complici giovani di talento come Immobile (cui va l'Oscar per il più bel gol dell'andata per quel pallone infilato da posizione impossibile, alla Cristiano Ronaldo, contro il Gubbio), Insigne, Verratti e Capuano. E il Caprari in arrivo dalla Roma non dovrebbe essere da meno. - Dal Canto. Il più giovane allenatore fra Serie A e B (37 anni il prossimo 10 marzo). E già questo la dice lunga sui suoi meriti. Doveva essere un semplice traghettatore. Invece dal 19 marzo 2011, quando dalla panchina della Primavera venne catapultato su quella della prima squadra è diventato una certezza, maturando esperienza direttamente sul campo, partita dopo partita. Il pregio del suo Padova? Individuare e neutralizzare i punti forti dell'avversario. - Farina. Dell'onesto Simone, che ha denunciato i professionisti della combine, si è detto e scritto di tutto e di più. Adesso merita rispetto e silenzio. Ci piace però proporvi una chiave di lettura un po' diversa. Quella di Marco Monti, psicologo e psicoterapeuta impegnato anche nel mondo sportivo giovanile. Che sul Corriere della Sera di Bologna, a proposito di Farina, ha detto: "Si è obiettato che non bisogna premiare un comportamento che dovrebbe costituire la normalità, soprattutto per uno sportivo. Ma troppo spesso ci si dimentica che si apprende soprattutto attraverso l'esempio. Ricompensando il comportamento positivo, è più facile che questo resti in mente, diventando un modello positivo da emulare. E Farina lo è". Gianluca Grassi [poll id="35"]

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