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Furbinho non mi manchi

Redazione

11.12.2010 ( Aggiornata il 11.12.2010 17:41 )

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Se mi manca Mourinho? Ma scherziamo? Mica è morto. Mica s’è ritirato in cima a un monte, come prima o poi fanno le grandi anime (o beata solitudo, o sola beatitudo). Mica ha smesso di allenare, posto che abbia mai iniziato. Suona come una nota polemica, ma non vuole esserlo. Può darsi che nel nostro Paese, calcisticamente arretrato, e per giunta appartenendo a una categoria che non disdegna la prostituzione intellettuale, si abbia una visione deformata del ruolo d’allenatore. A me Mourinho non ha mai dato l’immagine dell’allenatore. Non somiglia a nessuno di quelli del presente né del passato, tolto forse Helenio Herrera, molto più modesto di Mourinho, anche se la sua biografia l’aveva intitolata “Yo”, anche se l’HH i colleghi spagnoli l’avevano riassunto in “Habla Habla”, e comunque svantaggiato, il Mago rispetto a Mourinho, da un apparato televisivo gracile, inadeguato. Mourinho ha l’aria del condottiero, del duce, del capitano di ventura, di John Wayne ma solo quando vincono i soldati blu. Mourinho non predica l’aggressione degli spazi. Li occupa. Molti colleghi (in genere sotto i 40 anni, bisogna capirli o almeno provarci) sono affascinati da Mourinho, che effettivamente è bravissimo a incantare i serpenti, a maggior ragione le bisce d’acqua dolce. Oh, che grande comunicatore. Sì, ma cosa comunica? Uh, finalmente uno che parla chiaro in un mondo di sepolcri imbiancati. Parlerà chiaro, ma solo pro domo sua. Ah, che fine stratega. Sarà anche, ma in buona parte me lo sono perso. Nulla da dire sulla conquista della Champions, sia pure con qualche svista arbitrale a favore (con Chelsea e Barcellona, mica paglia). Ma vogliamo parlare dei penosissimi livelli di gioco nella stagione precedente, quando bastava l’Anorthosis a inceppare l’Inter? Parliamone pure, tanto è inutile: Mourinho, anche in assenza, non consente le mezze misure, le tinte sfumate. O con me o contro di me. Veramente questo l’aveva detto qualcuno più importante di Mourinho, ma è per dare l’idea. I vedovi di Mourinho già alzano il pelo per qualche affettuoso incoraggiamento a Benitez, già vedono l’erosione della sua immagine, la voglia di rimuoverlo, cancellarlo. Per evitare casini, conviene che ognuno parli per sé. Io non ho alcuna intenzione di erodere, rimuovere, cancellare, anzi mi auguro che Mourinho in Italia venga ricordato a lungo. Non l’ho mai chiamato Mou, detesto queste sforbiciate come già, in un altro sport, ero contro Poupou, Pinpin, Dudu e Jajà. In più, mi sembrava e sembra assurdo appiccicare a un duro, a un uomo tutto d’un pezzo e d’un prezzo, il nome di una caramella molle, nel migliore dei casi molliccia. In compenso l’ho definito Furbinho (è quel che penso di lui) e anche Specialone, di cui sono modicamente fiero. Si trattava solo di unire Special One, che unito ha un suono più italiano, da bar romagnolo. Avevo in mente Superbone, un personaggio del “Monello” ai tempi lontani di Pedrito el Drito e Paquita, di Arturo e Zoe, di Sansonetto. Nel disegno, Superbone somiglia di più a Van Gaal e al ministro Tremonti, ma queste sono riflessioni a margine: Specialone andava benissimo, come tentativo di smitizzazione. Avrei potuto chiamarlo Bourinho per come aggredisce, non provocato, il prossimo suo. Avrei potuto metterlo nel mirinho come renderlo più affettuoso (amourinho) o alludere al carattere umorale (umourinho) o al senso dell’umorismo (non pervenuto: humourinho), o usare varianti parafoniche (il mou-regno del mou-ragno), ma ho scartato tutto. M’interessava di più quel suo incessante, quasi sempre immotivato e dunque volgare, portar acqua al suo mulino (moulinho). Nel calcio e altrove è sempre di moda. Berlusconi preesistendo, credo che a lui si sia ispirato Mourinho e fosse solo per questo non sarebbe Special One, al massimo Special Two. Quando l’ha capito, s’è messo d’accordo col Real. In Spagna può ritentare il colpo può riuscirgli. Non mi mancherà perché la Spagna è vicina e ogni sospiro ci arriva in tempo reale, figurarsi le pirotecnie dello Specialone, e specialista. Non ci mancherà polvere pirica, da non confondere con la polvere pirlica. Ecco, senza ironia, l’abilità di Mourinho. Si è costruito la cattedrale di san Josè genio e martire, ora colma di suoi adepti (gli adepti ai lavori) che si flagellano come nemmeno a Guardia Sanframondi, avendo come primo mattone una sola, ma scelta benissimo (pirla) inserita in contesto ovvio (io non sono un pirla). Ovvio era chiaro a tutti che un pirla non sarebbe riuscito a farsi comprare da Moratti Quaresma 30 milioni di euro. Non tutti trovarono elegante che il procuratore di Quaresma fosse lo stesso di Mourinho, Jorge Mendes, né che si riprovasse il colpo con Deco e Ricardo Carvalho (stessa scuderia), ma a questo serve il carisma, di cui Mourinho era provvisto già prima dell’Inter. A non farsi fare domande scomode. Quando ha detto, guardando dritto la telecamera (sa farlo come pochi), che voleva che suo figlio continuasse a credere in un calcio pulito, tutti ci siamo sentiti merdacce come Fantozzi, comprapartite, aggiustarisultati, mangiaarbitri, complici e corruttori, drogatori di atleti o notizie. Non uno che abbia detto: scusi tanto, Dottore, Santità, Eccellenza, Gr.uff.lup. mann, ma anche in Portogallo qualcosa è successo. Quando la S.V. eccellentissima, bellissima e bianchissima, sbarcò per un tozzo di pane al Chelsea, il Porto beccò 6 punti di penalizzazione (vincendo comunque il campionato), il suo presidente Pinto da Costa, detto O Papa, fu squalificato per due anni (sanzione annullata nel 2008). Squalifiche più pesanti per gli arbitri Augusto Duarte (6 anni), Jacinto Paixao (4), Martin dos Santos (3,5), Josè Chilrito e Manuel Quadrado (2,5). Provata la corruzione, non trovati i corruttori. Può succedere dappertutto, santo cielo, ma con un po’ di memoria o di buon gusto certi slanci moralistici si possono frenare, volendo. Ma tutto nasce da quel pirla. Poteva dire: non sono uno sprovveduto, un ingenuo, un fesso, un coglione. Invece ha usato la parola intonata al dialetto lombardo, che conosce anche il diminutivo pirletta e l’accrescitivo pirlone (sempre pirla, ma con distinzione fra junior e senior). Folgorati, gli adepti hanno pensato: se questo è l’esordio, chissà il resto. Il resto lo sappiamo. Era in una squadra ricchissima, con una rosa di pochi italiani ma tutti quanti nazionali. Col solo Baresi in panchina credo che l’Inter avrebbe vinto ugualmente, ma a Moratti non piace rischiare e con Mourinho si va sul sicuro: costa, ma funziona. È un personaggio mediatico. Che significa, anche Fabrizio Corona lo è, non ci vuole molto. Ma voglio stare terra terra per dire che ricordo tre episodi. 1. Il gesto delle manette, con la Samp. Arbitraggio quasi perfetto, interisti che picchiavano, Pozzi che un po’ ha simulato. Atteggiamento da irresponsabile. 2. A Siena, mezzo campo di corsa per andare ad abbracciare Maicon, che aveva segnato in fuorigioco di qualche metro, dietro la porta dei padroni di casa (molto comprensivi e miti). Neanche ammonito, Mourinho. 3. A Barcellona, mentre Guardiola sta facendo un cambio, Mourinho lascia la sua panchina e gli va a battere sulla spalla dicendo non so cosa. Neanche ammonito. Per questi tre motivi considero Mourinho un antisportivo, un provocatore e uno specializzato (come Berlusconi) nel vedere nemici dappertutto. È il re del “chiagni e fotti”, uno che non combatte il sistema perché gli eccessi del sistema lo fanno campare bene. Ma oggi saper mungere è quasi un’arte e qui Mourinho ci sa fare, pur avendo quasi finito il giro delle mucche. Un saluto ai lettori del Guerino, che leggo da quand’era il mitico “lenzuolo” bianco e verde, diretto da Bruno Slawitz (Don Ciccio). Cinquant’anni, più o meno. Matteo Marani mi ha proposto di collaborare e ho accettato al volo. Pur essendo l’ultimo arrivato, sento aria di casa. di Gianni Mura

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