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Redazione

15.11.2010 ( Aggiornata il 15.11.2010 09:44 )

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Per comportarsi da Ibrahimovic bisognerebbe prima essere stati come Ibrahimovic, almeno in termini di prestazioni e successi. Un concetto elementare che Marko Arnautovic non ha recepito, perso in un ego più grande del suo già cospicuo talento. In una quindicina di mesi l’austriaco ha pressoché distrutto anni di lavoro per arrivare al top. Da lui accarezzato lo scorso anno con il passaggio dal Twente all’Inter, salvo poi decidere che non gli era rimasto nulla da imparare. Meglio la Bentley di Eto’o, le donne “che mi rincorrono” e uno stile di vita larger than life. Roba che nemmeno il primo Ibra, quello che a Malmö sfasciava auto sportive. Il problema non era Milano, perché alla tentazioni si può cedere ovunque, a Enschede come a Brema. Il problema è Arnautovic. Ad agosto il tecnico del Werder Schaaf lo aveva già ripreso per la svogliatezza mostrata negli allenamenti. Chi si aspettava l’austriaco titolare fisso, è rimasto deluso. Ma se possiedi le qualità di Marko Arnautovic e fai la riserva a Hugo Almeida, è fin troppo chiaro che qualcosa non sta funzionando. Al Werder nessuno è masochista. Ma è difficile tollerare risposte come “Tieniti pure i miei soldi e dalli alla tua famiglia” (rivolto al manager Klaus Allofs) o epiteti non ripetibili in questa sede come quelli indirizzati al tecnico dopo al sostituzione nella partita contro il Norimberga, dove oltretutto il giocatore aveva rifiutato di stringere la mano al compagno Sandro Wagner che si accingeva ad entrare in campo. L’ultima di Arnautovic è una dichiarazione rubata dalle telecamere di Sport1 al termine dell’umiliante 6-0 inflitto ai biancoverdi dallo Stoccarda. I compagni lo hanno criticato per lo scarso spirito di squadra? “Cazzate”. Il momento-no del Werder? “La società è un bordello”. Parole difficile da digerire se a pronunciarle fosse stato un leader quale Torsten Frings, figuriamoci un giocatore che in tre mesi abbondanti si è limitato a due reti (una in campionato al Colonia, l’altra in Champions al Twente) e due assist (sempre contro il Colonia in campionato, più uno in Coppa di Germania). Da Arrogantovic ad Arnautor-nix (Tor-nicht in tedesco significa “niente gol”), in Germania i suoi soprannomi hanno sempre accezione negativa. Calcisticamente parlando, la carriera di Arnautovic è ferma alla finale di Coppa d’Olanda 2009 tra Twente e Heerenveen, atto finale di una stagione – chiusa in doppia cifra - che lo aveva visto protagonista in Eredivisie. In quella partita l’austriaco, già in fase di avanzata trattativa con l’Inter, si infortunò dopo pochi minuti. Un colpo di fortuna, con il senno di poi, per i nerazzurri, che alla luce delle precarie condizioni fisiche del ragazzo imposero al Twente la formula del prestito annuale, anziché l’acquisto diretto, con successivo diritto di prelazione sul cartellino del giocatore, per una cifra già concordata attorno ai 10 milioni di euro, nel giugno 2010. Le cose sono andate come tutti sappiano. Di Arnautovic in nerazzurro si ricordano una bella prestazione in un’amichevole a Cornaredo contro il Lugano, i cazziatoni di Mourinho (storico quello in medio Oriente quando lo vide scendere nella hall dell’albergo in ciabatte e bermuda prima dell’incontro con l’Al Hilal) e pochissimo altro. Spesso si accusano i grandi club italiani di non saper crescere i giovani. A volte però sono gli stessi giocatori a metterci tanto del loro per non emergere. Ambiva a diventare il nuovo Ibrahimovic questo figlio di un immigrato serbo che gestisce un ristorante al piano inferiore del Centro Sportivo di Floridsdorf, Vienna. Per ora però è solamente Marko Arnautovic. Un fuoriclasse solamente nelle spacconate.

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