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Chiamiamolo Sciopero Maldive

Se pensavate che i calciatori avessero davvero posto davanti a ogni cosa la questione dei diritti, e che per una volta, una soltanto, il noto richiamo dei soldi fosse stato soppresso dalla coscienza proletaria, beh, era un abbaglio. Di più: una farsa

Redazione

22.09.2010 ( Aggiornata il 22.09.2010 13:01 )

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Era tutta una commedia all'italiana, degna del miglior Alberto Sordi. Se pensavate che i calciatori avessero davvero posto davanti a ogni cosa la questione dei diritti, e che per una volta, una soltanto, il noto richiamo dei soldi fosse stato soppresso dalla coscienza proletaria, beh, era un abbaglio. Di più: una farsa. Da ieri, con la decisione di non giocare più il 6 gennaio e di anticipare la 18esima giornata al 22 dicembre (di sera, visto che tanto fa caldo) sappiamo che tutta la messinscena delle scorse settimane - con una minaccia di sciopero avanzata ancora prima dell'incontro preliminare con la Lega calcio, procedura quantomeno insolita - aveva come scopo un banale allungamento delle ferie invernali. Tutto qua. Poveretti, del resto vanno compresi: solo sette giorni alle Maldive sono una miseria per qualunque lavoratore dipendente. Mi spiace, ma stavolta non ci sono commenti o aggiunte per annacquare la figuraccia. L'Assocalciatori ha dei meriti storici indubbi, e ne ha anche nel presente, quando si batte nelle serie minori per permettere ai calciatori di incassare gli stipendi altrimenti insoluti. Per lo sciopero del 1996 fui d'accordo con loro nella scelta di fermasi, visto che c'era di mezzo la salvaguardia del Fondo di garanzia a favore proprio dei calciatori meno ricchi. Ma stavolta è apparso sin dall'inizio come un proclama di sciopero strumentale, assurdo, persino ridicolo nelle motivazioni. Ho l'impressione che Campana sia stato scavalcato dai giocatori, che qualcuno di loro - assecondando le richieste di Materazzi sul prolungamento delle vacanze - abbia perso il senso della realtà, cercando di barattare diritti per privilegi. Ho sentito  Massimo Oddo paragonare i calciatori di Juve, Milan o Inter a oggetti, parlare di diritti umani violati. Suvvia. Per poi rimettere tutto in valigia in cambio di qualche giornata in più di sole dicembrino. Senza buttarla in demagogia, si può solidarizzare con gli operai di Melfi, ma non con chi - anche in caso di cessione forzata a un altro club - vedrebbe pagata la metà degli emolumenti milionari. Neppure i supermanager godono di un trattamento così favorevole. Ricordo infine che si tratta di un gruppo ristretto di 500 calciatori, il cui guadagno medio è di un milione e 300mila euro all'anno. Gente che fa il bagno alle Maldive mentre i colleghi inglesi sono in campo regolarmente a giocare. E bisogna ancora capirli?

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