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Federer e la grandezza senza tempo

Federer e la grandezza senza tempo

Redazione

29.01.2017 ( Aggiornata il 29.01.2017 14:05 )

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Roger Federer ha conquistato a Melbourne il più incredibile dei suoi 18, numero già incredibile di per sé, tornei dello Slam, dopo sei mesi passati forzatamente lontano dal tennis vero e con l'età che segna quasi 36 anni. Lo ha fatto in un modo che si faceva perfino fatica a sognare, non soltanto contro un Rafa Nadal tornato quasi Nadal ma anche al quinto set dopo una partita intensissima, ribaltando a suo favore quelle situazioni che nel passato, nei momenti decisivi, erano sempre andate a favore dello spagnolo. Sotto 1-3 nel quinto set, lo svizzero si è ribellato alla sconfitta come mai era riuscito a fare contro Nadal (e il bilancio degli scontri diretti, 12 a 25, parla chiaro), non ha più perso un game ed è andato a prendersi anche i punti alla Nadal, quelli da braccio di ferro a fondo campo. Durante la premiazione, di fronte a Rod Laver, Federer ha trovato poi la lucidità e la gentilezza (ma forse lo pensa davvero) di affermare che mai come in questa finale degli Australian Open nel tennis sarebbe stato giusto il pareggio ed è difficile dargli torto. Crudeli le copertine solo per Federer, considerando ciò che ha passato Nadal negli ultimi anni e le fresche sfide a Melbourne con Zverev, Monfils, Raonic e Dimitrov. La partita, autentico instant classic anche se tecnicamente inferiore ad altre sfide fra i due campioni (fra le tante prendiamo la finale di Roma 2006 e soprattutto quella di Wimbledon 2008), aveva un tema tattico scontato, anche per la superficie leggermente più veloce degli anni scorsi: Nadal ha cercato, soprattutto quando era al servizio, in maniera ossessiva e con la maggior rotazione possibile il rovescio di Federer, mentre Federer ha cercato di accorciare gli scambi e di mettere pressione a Nadal, in molti casi forzando (il dritto l'ha a volte tradito, mentre il rovescio è stato di extralusso) ma evitando in ogni caso di giocare la partita di Nadal, cioè l'errore fatto nella maggior parte degli scontri diretti. Alla fine il più grande tennista di sempre ha avuto quasi il doppio sia di punti vincenti sia di errori rispetto all'eterno rivale, in una partita che è girata su punti, stati d'animo e pensieri intrecciati in maniera così complicata da rendere impossibile una spiegazione: è la magia del tennis, anche di quello moderno, dove quello che hai dentro è tutto e non ci sono compagni di squadra, allenatori, dirigenti, arbitri, giornalisti, tifosi che possano aiutarti. E adesso? Nel saluto al pubblico australiano Federer ha buttato lì l'ipotesi che questo potrebbe essere il suo ultimo anno, mentre fino a qualche giorno fa parlava addirittura di altre due o tre stagioni nel tennis vero prima di dedicarsi a senior tour ed esibizioni. Non ha chance al Roland Garros, ma a Wimbledon pensando alla semifinale dell'anno scorso raggiunta con un fisico a pezzi può davvero sognare il diciannovesimo Slam, anche con Djokovic e Murray presenti in buone condizioni, con Raonic e Dimitrov desiderosi di consacrazione, con Nadal stramotivato. Dopo Wimbledon lui e Ivan Ljubicic, buonissimo consigliere a prescindere dai risultati, faranno il punto: vale tutto, ma Federer sarebbe il primo a non accettare un Federer minore. Certo sarebbe un peccato ritirarsi adesso, visto il contesto e la consapevolezza di essere il tennista di maggior richiamo del pianeta. Per certi versi Federer alimenta la voglia di Nadal e viceversa, in quella che è la rivalità per eccellenza nella storia del tennis. La più lunga dell'era Open, perché il 36enne Federer ha vinto il suo primo Slam nel 2003 e il 31enne Nadal nel 2005. Due fuoriclasse che commuovono, perché nessuno vuole arrendersi al tempo che passa ma solo pochissimi vincono la battaglia. Loro l'hanno fatto, Federer un po' di più.

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